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Montesperelli
Paolo Montesperelli
Università degli Studi di Perugia
Focus AUR
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Il benessere generazionale in Umbria: costruire sul potenziale

24 Giu 2025
Tempo di lettura: 4 minuti

Si sta bene in Umbria? Non avrebbe senso rispondere immediatamente, sarebbe l’ennesima riproposizione del famoso pollo di Trilussa, nella sua poesia “La statistica”. Gli statistici de “Il Sole 24 Ore” hanno fatto di meglio,  distinguendo le età: i bambini, i giovani e gli anziani, cioè le fasce potenzialmente più fragili. I dati di 107 province sono stati raccolti in 3 indici, che hanno combinato in tutto 45 indicatori, 15 per ciascuno[1].

Chi vuole informazioni più minuziose – per ogni provincia e indicatore – deve andare in https://lab24.ilsole24ore.com/qualita-della-vita-generazioni/. Qui riporto la posizione delle nostre due province, con il rango (cioè la collocazione nella graduatoria) e il valore sugli indici[2]. Inoltre, a scopo comparativo, riporto le province immediatamente superiori e inferiori a Perugia e a Terni.

Innanzi tutto, per tutte e tre le fasce, Perugia precede Terni. Il divario è il più ampio nella condizione degli anziani (tab. 3): ci dividono quasi 40 posizioni nella graduatoria. Questa disparità è confermata osservando i nostri “vicini”:  Perugia è adiacente a due province del nord (Rimini e Genova), mentre Terni è attigua a due province del “profondo sud” (Caltanisetta e Crotone). Comunque entrambe le province si collocano al di sotto della mediana. Invece superiamo la mediana nel benessere dei bambini e dei giovani (tabb. 1 e 2).

Qualcuno potrebbe obiettare che gli indicatori possono non essere la foto fedelissima della realtà; se poi – come nel nostro caso – agli indicatori fattuali, oggettivi si uniscono altri indicatori soggettivi, basati sulla percezione, allora la prudenza è d’obbligo. Verissimo, ma si potrebbe aggiungere che questi indicatori si basano su fonti accreditate, soprattutto l’Istat; inoltre essi rappresentano indizi comunque corposi, ragionevoli.

Fra tanti dati, sottolineo alcuni elementi incoraggianti per l’Umbria. La nostra regione sembra investire molto sull’istruzione: per esempio siamo ben collocati nei progetti PNRR  e i giovani laureati ammontano a più della media nazionale. Inoltre alcuni indicatori sugli anziani sono alquanto positivi: mi riferisco in particolare alla speranza di vita (soprattutto a Perugia) e – in entrambe le province – al basso consumo di farmaci per la depressione.

Senza entrare nei tecnicismi metodologici, è comunque necessario ricordare che le unità di analisi sono provincie, cioè aggregati di realtà locali talvolta molto differenti fra loro. Insomma, ciascun dato è una sintesi di realtà sub-provinciali variegate, con caratteristiche specifiche. È proprio il caso dell’Umbria policentrica, la “Umbria delle città” (Rossi, 2005), composta da nuclei multipli. Il contributo al benessere è dettato dalle sue articolazioni e da molteplici rapporti: fra agglomerati urbani e campagne; fra città storiche, quasi-città e conurbazioni; fra zone centrali e aree più interne (Barca, 2021),etc.

Passiamo al quadro nazionale. La prima impressione è di uno scenario estremamente differenziato, frammentato. Non a caso i ricercatori si limitano a un piano molto descrittivo, quasi minuzioso, senza soffermarsi a individuare le tendenze generali, per lo più lasciando al lettore questo compito. Provo a svolgerlo io, molto brevemente:

1)      Come già l’AUR aveva osservato (Montesperelli e Acciarri, 2013) non esiste più la “terza Italia” (cioè il Nord-Est insieme al Centro), che invece dagli anni ’70  era una vivace area, relativamente omogenea per cultura e struttura; invece nel corso del tempo si è diversificata molto, fino a perdere un’identità unitaria.

2)      Resta tenacemente il divario a danno del Sud rispetto al resto del Paese. Naturalmente c’è qualche eccezione, ma nel complesso la “questione meridionale”, pur in forme aggiornate, non è relegata alle pagine di qualche vecchio libro di storia.

3)      Una differenza relativamente nuova corre fra le province con metropoli e quelle con città medio-piccole. Le prime sono tendenzialmente più svantaggiate rispetto alle altre. È emblematico l’indice di benessere nei giovani:  la provincia di Roma è l’ultima dell’intera graduatoria, Napoli è a due passi dalla capitale e Milano sta poco poco sopra. In altre parole, fra le ultime 7 province, troviamo le tre metropoli più importanti, ciascuna rappresentante del Nord, del Centro o del Sud. Sul versante opposto, quello del benessere più alto, troviamo province con capoluoghi medio-piccoli. Solo per citare le prime tre: Bolzano, Treviso e Trento per il benessere degli anziani;  Gorizia, Bolzano e Cuneo per i giovani; Lecco, Siena (dunque non solo Nord) e Aosta per il benessere dei bambini. Mi paiono dati che spronano l’Umbria e che la inducono a ben sperare.

 

Note
[1] Indicatori di benessere dei bambini (0-14 anni): tasso di fecondità; spesa sociale per famiglie e minori; verde attrezzato; servizi comunali per l’infanzia; studenti di 3a media con competenza numerica non adeguata; studenti di 3a media con competenza alfabetica non adeguata; retta mensa scolastica (primaria); edifici scolastici con la mensa; edifici scolastici con palestra; progetti PNRR per l’istruzione; spazio abitativo; relazioni sociali con parenti > 14 anni; pediatri; indice sport e bambini; delitti denunciati a danno dei minori.
Indicatori di benessere dei giovani (15-39 anni): disoccupazione giovanile; trasformazione a tempo indeterminato; soddisfazione per il proprio lavoro; imprenditorialità giovanile; % laureati;  canone di locazione (semi-centro); gap affitti tra centro e periferia; quoziente di nuzialità; età media al parto; aree sportive;  spettacoli – locali e organizzatori; concerti;  amministratori comunali under 40; percezione di insicurezza; incidenti stradali notturni.
Indicatori di benessere degli anziani (65 anni e oltre): speranza di vita a 65 anni; farmaci per malattie croniche; farmaci per depressione; farmaci per obesità; infermieri non pediatrici; geriatri; posti letto per RSA; spesa sociale per anziani; servizi sociali comunali; persone sole; pensioni di vecchiaia; pensionati; orti urbani; biblioteche; inquinamento acustico.

[2] Come spiegano i ricercatori, per ciascun indicatore il punteggio 1.000 viene attribuito alla provincia con il valore migliore e 0 a quella con il peggiore. Il punteggio per le altre province si distribuisce in funzione della distanza rispetto agli estremi (1.000 e 0). Il valore delle province su ciascun indice è dato dalla media dei punteggi degli indicatori di riferimento. Questa procedura presuppone che tutti gli indicatori selezionati siano considerati di pari validità.

 

Riferimenti bibliografici
F. Barca, Disuguaglianze conflitto sviluppo, Donzelli, Roma, 2021.

P. Montesperelli e M. Acciarri, Il mutamento sociale nell’articolazione dello sviluppo Italiano, in AA. VV., L’Umbria tra crisi e nuova globalizzazione. Scenari, caratteri, tendenze, Perugia, AUR, 2013, pp. 511-570.

R. Rossi, L’Umbria plurale nell’Italia mediana, “Umbria Contemporanea”, n. 4, 2005, pp. 7-14.