Focus

Elisabetta Tondini
Nel 2024 più umbri che lavorano: in crescita terziario, autonomi e dipendenti, donne e part time

Anche il 2024 ha visto aumentare il numero di occupati umbri, che hanno superato quota 373 mila.
La crescita del 3,2%, un tasso più che doppio di quello registrato in Italia, ha significato 11,5 migliaia di persone in più rispetto all’anno precedente, di cui oltre 9 mila donne (+5,7%, il tasso più elevato rispetto a Italia, Nord-ovest, Nord-est, Centro e Meridione). Dunque, è stato un aumento segnatamente femminile, che ha interessato tutte le fasce d’età, compresa quella con oltre 64 anni, allargatasi di 1.500 lavoratrici, per un +28%, un tasso fortemente più elevato rispetto alle aree benchmark.
Sul versante maschile, l’incremento di 2.400 persone (+1,2%) non è stato invece parimenti omogeneo considerando le fasce d’età: crescono, e di molto, i lavoratori più maturi (50-64 anni) e quelli con oltre 64 anni (per tassi rispettivamente pari al 4,2% e al 13,6%, più elevati rispetto alle altre aree); i 25-49enni invece hanno subito una flessione (-3,2%, corrispondente a 2.400 persone in meno), a differenza del lieve aumento occorso su base nazionale.
L’occupazione umbra che procede in senso positivo continua, dunque, a invecchiare (il 42,6% degli occupati ha più di 49 anni, a fronte del 40,6% dell’Italia): il fenomeno, in parte fisiologico, visto l’innalzamento dell’età pensionabile – che rende il limite di 64 anni ormai superato –sottende anche una maggiore propensione al lavoro da parte delle persone più anziane.
Se gli umbri che lavorano sono più numerosi è anche conseguenza dell’onda lunga che, in seguito alla ripresa dopo la crisi pandemica, ha rimesso sul mercato molte persone precedentemente dichiaratesi inattive. E così, anche nel 2024, aumentano le forze di lavoro (+1,9% in Umbria, a fronte dello 0,3% nazionale e del calo del Nord Est e del Mezzogiorno) e si riducono (-1,5%), in controtendenza rispetto all’Italia, le persone inattive. Il calo degli inattivi è stato particolarmente sostenuto sia tra le forze di lavoro potenziali, ovvero le persone disponibili a lavorare ma che non cercano attivamente un lavoro e quelle che cercano lavoro ma non sono subito disponibili (-17,0%, il più alto delle aree benchmark), sia tra gli inattivi veri e propri (-0,6%), in questo caso addirittura in controtendenza rispetto agli altri territori.
Queste dinamiche hanno interessato sia la popolazione in età lavorativa (15-64 anni), sia anche gli over 64, in relazione ai quali il caso umbro si distingue per una flessione degli inattivi e un ampliamento delle forze di lavoro assai più sostenuti delle altre aree.
L’allungamento (o la ripresa in tarda età) della vita lavorativa sta dunque caratterizzando sempre di più una popolazione segnata da invecchiamento e calo demografico. E il fatto che tra gli umbri più maturi si riscontri questa elevata propensione al lavoro per il mercato si ritiene possa essere riconducibile (anche) a una precisa esigenza di rafforzare la situazione reddituale familiare, visto che le retribuzioni medie continuano a stazionare su valori più bassi di quelli nazionali (cfr. RES gennaio 2025).
Più persone che si offrono sul mercato del lavoro hanno significato, nello specifico, più occupati e meno disoccupati. Si tratta di dati che, seppure utili per capire gli equilibri nella condizione professionale della popolazione, vanno ulteriormente sviscerati.
Così si scopre che in Umbria oltre la metà dei lavoratori aggiuntivi (6.200 circa) hanno un contratto part time, in particolare 3.800 tra i dipendenti e 2.400 tra gli autonomi. Rispetto all’Italia e alle altre aree benchmark, ove la dinamica del lavoro a tempo parziale presenta invece un segno negativo, la regione mostra un aumento sostenuto di questo tipo di contratto, quasi del tutto ascrivibile alla componente femminile.
Un altro aspetto distintivo della dinamica occupazionale umbra è una crescita degli autonomi (+7,7%) relativamente molto superiore a quella del lavoro alle dipendenze (+1,9%), rispettivamente per 5,9 mila e 5,5 mila occupati in più rispetto al 2023. L’incremento del lavoro indipendente ha interessato 3,8 mila uomini e 2,2 mila donne, la maggior parte delle quali con contratti part-time.
All’opposto, la crescita del lavoro alle dipendenze è ascrivibile alla sola componente femminile: quasi 7 mila sono state le lavoratrici aggiuntive, divise quasi equamente tra full time e part time e tra contratti a termine e contratti a tempo indeterminato. Tale crescita ha più che compensato la flessione di 1,4 mila dipendenti uomini, risultante da una perdita di 3,2 mila contratti a tempo determinato non compensata dall’aumento dei tempi indeterminati.
Il lieve aumento complessivo del lavoro alle dipendenze nella forma contrattuale a termine in Umbria è stato un altro elemento distintivo dell’Umbria, in controtendenza rispetto al calo consistente occorso nelle altre aree.
Osservando i mutamenti sotto un’ottica di genere, si evince in sintesi come la consistente crescita di lavoratrici verificatasi in Umbria nel 2024 si sia contraddistinta per una maggiore precarietà e una maggiore frammentarietà (numerosi i part time e i contratti a termine) rispetto agli uomini.
In questo scenario, che sembrerebbe rivelare comunque una maggiore vivacità e ricettività del mercato, pur in un’articolazione di profili non sempre ottimale, i settori mostrano stati di salute differenti.
Si segnala al riguardo il caso dell’industria, i cui occupati (75.500) si sono riportati su valori di poco inferiori a quelli del 2021, l’anno della forte ripresa industriale umbra. Nell’ultimo anno il settore ha perso oltre 3.200 lavoratori, ripartiti quasi equamente tra maschi e femmine. Il decremento è stato complessivamente del 4,1%, in controtendenza rispetto al lieve aumento dell’Italia, del Nord e del Centro. Di altri 658 lavoratori (quasi tutte donne) è stata la perdita del settore agricolo e una lieve espansione (1.000 unità) ha connotato il settore delle costruzioni. Il vero protagonista della espansione occupazionale umbra al 2024 è stato dunque il comparto terziario: i settori del commercio, alberghi, ristoranti e quello degli altri servizi, con tassi di crescita del 13,5% e del 3,0%, hanno contribuito ad assorbire rispettivamente 10 mila e 5,3 mila occupati in più in un solo anno. Nel primo caso, si tratta prevalentemente di uomini, nel secondo caso solo di donne (circa 8.600 in più, mentre la componente maschile ha perso oltre 3 mila occupati).
In sintesi, dopo gli anni bui in cui i servizi hanno sofferto in modo particolare le conseguenze della crisi pandemica, la rimonta del terziario da un punto di vista lavorativo è stata potente: con il 71% degli occupati, l’Umbria finisce per superare di un punto la quota nazionale.