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Giuseppe Coco
Agenzia Umbria Ricerche

Investimenti – conosci te stesso

19 Nov 2019
Tempo di lettura: 2 minuti

Per molti la parola investimenti è sinonimo di sviluppo. Ma non è sempre così in quanto non esiste una correlazione diretta tra investimenti e sviluppo socio-economico. Questa è la scorbutica realtà che a volte si tende ad ignorare.

Volendo fare un esempio, l’Umbria, che quanto a competitività mostra la corda, tradizionalmente si distingue per un tasso di accumulazione del capitale di tutto rispetto: il suo rapporto Investimenti fissi lordi su Pil è quasi sempre superiore a quello medio nazionale e a quello delle regioni del Nord, e sempre al di sopra dei livelli che caratterizzano il

Centro Italia.

Come si può notare, a volte i fatti sono controintuitivi e quando si parla di investimenti quello che conta non è soltanto il “quanto” ma anche il “come”.

Per Elisabetta Tondini:

Unalta propensione ad investire non garantisce automaticamente crescita economica se non sussistono condizioni predisponenti in riferimento sia al contesto produttivo (settori che ne beneficiano e loro grado di relazionalità̀, intensità̀ e natura della dipendenza dall’esterno, posizionamento nelle filiere, livello di sviluppo raggiunto, etc.) sia al tipo di investimenti effettuati (quelli in beni innovativi realizzano potenzialmente margini di valore aggiunto più̀ elevati rispetto a quelli finalizzati a rafforzamenti strutturali più̀ tradizionali). Senza i giusti presupposti, i potenziali effetti degli incrementi di spesa per investimenti sull’irrobustimento della capacità produttiva rischiano di essere, anche considerevolmente, attenuati” (Rapporto economico e sociale 2016-17, AUR, p. 32).

Volendo fare il verso ad Orwell e alla sua fattoria degli animali, non sembra forzato dire che “gli investimenti non sono tutti uguali” ma “taluni sono più uguali di altri”. Il farli potrebbe servire a tanto come a poco. Ed è proprio per questo che sarebbe utile dare più spazio alla dimensione dell’analisi approfondita del contesto dove vanno ad agire. Un punto di fragilità è che non sempre si va a verificare se e quanto i soldi investiti abbiano avuto ricadute benefiche su un’impresa, su un territorio, un’area, una regione.

Luigi Einaudi – economista divenuto poi Presidente della Repubblica – sosteneva che in politica bisogna: “prima conoscere, poi discutere, poi deliberare. […] Come si può deliberare senza conoscere?”.

Sulla stessa lunghezza d’onda, Giacomo Becattini, uno dei più illustri studiosi di sistemi locali, riteneva che:

“[…] le performances relative delle diverse regioni italiane ed europee dipenderanno, oltrechéé da altri fattori, anche dalla consistenza, dal livello professionale e dalla creatività dei loro corpi di esperti socio-economici. […] In un mondo in cui la competizione tra sistemi locali diverrà la leva dello sviluppo comparativo, saranno avvantaggiati quei sistemi locali che riescono a trarre le maggiori indicazioni dall’esplorazione sistematica della propria struttura e dall’esame delle proprie vicende correnti. Conosci te stesso è la prima regola della competizione tra sistemi locali”. (Miti e paradossi del mondo contemporaneo, Donzelli 2002).

Chi scrive, a scanso di equivoci, non mette assolutamente in dubbio che gli investimenti siano uno dei veicoli più potenti per la crescita e la competitività. Ma al tempo stesso non va trascurato che il farli di per sé non è garanzia di niente.

Per Kierkegaard: “La vita può essere capita solo all’indietro ma va vissuta in avanti”.

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