Focus
Elisabetta Tondini
Mauro Casavecchia
Lavoro e transizione digitale, una strada ancora in salita
L’attenzione alle dinamiche occupazionali, accresciutasi sensibilmente da un anno a questa parte, si è caricata di un atteggiamento un po’ più prudente nei confronti delle statistiche ufficiali sul mercato del lavoro, soprattutto quando queste ci parlano di un calo di disoccupati e di una crescita degli inattivi. Insomma, le conseguenze dell’emergenza sanitaria non trovano immediato riscontro nelle dinamiche espresse dalla rilevazione sulle forze lavoro che, a una prima lettura, non riescono a fotografare in modo palese l’esito dello stravolgimento subito dalle modalità dell’operare di molti. In realtà a una lettura più attenta si scopre che una gran fetta di disoccupati – per sfiducia o per impossibilità di adoperarsi attivamente nella ricerca di un lavoro – è confluita tra gli inattivi, mai così lievitati. E si scopre anche che tra gli occupati vi sono persone che lavorano a orario ridotto, vi sono i cassintegrati (numerosi in Umbria), vi è chi ha interrotto parzialmente o totalmente la propria attività lavorativa, oltre a un generale elevato tasso di assenze dal lavoro: tutto ciò implicando una forte caduta dell’ammontare di ore effettivamente lavorate, dunque un calo del contributo effettivo alla produzione, ben più sostenuto di quanto non dicano i dati più immediati.
Spostandoci sul versante della domanda, indizi ulteriori sulle prospettive dell’occupazione per i prossimi mesi (quali profili da quali settori) ci vengono offerti dalle intenzioni di assunzioni delle imprese, monitorate mensilmente attraverso l’indagine Excelsior realizzata da Unioncamere e ANPAL.
Secondo la rilevazione di dicembre 2020, le imprese e gli studi professionali operanti in Umbria prevedevano di attivare a gennaio 3.970 rapporti di lavoro, per arrivare a toccare quota 10.010 entro marzo. Si parla tecnicamente di entrate, o ingressi, intendendo sia le assunzioni di lavoratori dipendenti sia l’attivazione di collaborazioni di diverso tipo non necessariamente alle dipendenze e per periodi anche ridotti (purché superiori a venti giorni).
Come era logico aspettarsi, il numero di assunzioni programmate in Umbria sia per gennaio sia per il primo trimestre 2021 è inferiore di oltre un quarto rispetto a quanto era stato preventivato un anno prima, appena prima della pandemia, per gli stessi periodi. Una tendenza al ribasso sostanzialmente allineata a quella nazionale.
Più che il numero dichiarato in sé, che esprime le intenzioni e potrebbe non tradursi in flussi in ingresso effettivi, l’interesse di questa informazione risiede nelle caratteristiche qualitative dei profili professionali richiesti e anche nello stato del mercato in termini di mismatch tra domanda e offerta.
In un quadro nazionale caratterizzato da una domanda di lavoro concentrata prevalentemente nel terziario (65%), in Umbria il 46% delle entrate previste proviene invece dal settore industriale, a fronte del 35% nazionale e anche del 41% del Nord Est. Per questa caratteristica il modello umbro si avvicina a quello delle Marche, unica regione in cui oltre la metà degli ingressi avviene nell’industria.
Caratteri prevalenti della domanda di lavoro (gennaio 2021, valori %)
Lavoratori previsti in entrata per settori (gennaio 2021, valori %)
La dinamica tendenziale delle intenzioni di assunzione conferma l’asimmetria degli effetti della pandemia a livello settoriale: il terziario risulta più penalizzato dell’industria (-34% contro -17%) e, tra i servizi, quelli legati al turismo vedono praticamente dimezzata la richiesta di nuovo personale rispetto all’anno precedente.
Prosegue la tendenza generale alla polarizzazione della domanda di lavoro tra profili professionali, riscontrabile nella maggiore tenuta delle figure ad elevata specializzazione e nel più drastico calo della richiesta di figure intermedie. In Umbria questa dinamica risulta tuttavia più attenuata, a causa della persistente debolezza della domanda di dirigenti e di professioni intellettuali, scientifiche e tecniche, che si associa a una presenza relativamente più massiccia di operai specializzati e conduttori di impianti e macchine. Questi ultimi, per la provincia di Terni, finiscono per superare i due quinti delle entrate previste complessive.
Il più lento processo di polarizzazione della domanda di lavoro in Umbria è strettamente collegato a un evidente sottodimensionamento della richiesta di laureati, la cui incidenza sul totale delle entrate programmate si arresta al 15,5% contro il 20,3% in Italia.
Entrando nel dettaglio, i dati rivelano che la domanda di figure dirigenziali in Umbria è praticamente nulla, mentre il gruppo più richiesto è quello dei conduttori di impianti e operai di macchinari fissi e mobili. A seguire, le professioni tecniche, quelle qualificate nelle attività commerciali e nei servizi, gli operai specializzati.
Lavoratori previsti in entrata per professioni (gennaio 2021, valori %)
All’interno del gruppo delle professioni ad elevata specializzazione, l’unico segmento che cresce in termini assoluti, sia in Umbria che in Italia, è quello degli specialisti in scienze informatiche, fisiche e chimiche. Pur trattandosi di un ambito di nicchia – che pesa per il 2,6% in Italia e per l’1,5% in Umbria – la tendenza riveste una particolare importanza perché coinvolge i profili professionali che applicano e rendono disponibili conoscenze e competenze tecnico-scientifiche (STEM), particolarmente utili a fronteggiare i processi di ammodernamento e adattamento tecnologico richiesti al sistema produttivo. Anche in questo fenomeno si riconferma tuttavia una maggiore difficoltà dell’Umbria a tenere il passo della dinamica tendenziale nazionale (+20% contro +52%).
Anche in riferimento alle altre professionalità più collegate alla transizione digitale, come i tecnici in campo informatico, ingegneristico e della produzione, la domanda espressa dalle imprese umbre è relativamente un po’ meno presente rispetto al contesto italiano (5,5% contro 5,9%).
Una delle informazioni più interessanti dell’indagine mette a nudo una grande criticità del funzionamento del mercato del lavoro – non solo umbro – ovvero la difficoltà di reperire figure tecniche-specialistiche o operaie qualificate. Si tratta di quei nuovi ingressi potenziali che faticano a concretizzarsi per mancanza di candidati o per una preparazione inadeguata. In riferimento alle entrate previste a gennaio 2021, la quota di figure di difficile reperimento sul mercato, pari a un terzo del totale in Italia, in Umbria sale al 39%, una delle percentuali regionali più elevate. La difficoltà si enfatizza, in particolare, non solo relativamente al gruppo dei profili più elevati ma anche tra gli operai specializzati, soprattutto quelli nell’edilizia e nel tessile e abbigliamento, oltreché tra i conduttori di macchinari mobili.
Le specificità umbre nelle richieste di profili professionali gettano una luce interessante sulle caratteristiche strutturali del sistema economico locale, sia sul versante della domanda che su quello dell’offerta di lavoro e possono fornire indicazioni importanti anche ai fini dell’orientamento e delle politiche attive del lavoro.
Attraverso questa lettura traspare un assetto produttivo regionale maggiormente ancorato alla produzione manifatturiera e più debolmente specializzato nei servizi alle imprese, una caratteristica che spiega in gran parte una più bassa domanda di laureati e una minore richiesta di profili STEM. Le perduranti maggiori difficoltà a livello locale di reperimento delle figure desiderate, se analizzate unitamente al già noto fenomeno del sottoinquadramento rispetto al titolo di studio, fanno emergere un mercato del lavoro poco efficiente nei processi di matching e di transizione scuola-lavoro e riconfermano l’esigenza di intervenire per aumentarne la fluidità.