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Giuseppe Coco
Agenzia Umbria Ricerche
Focus AUR
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Le certezze e i nuovi universi della narrazione umbra

20 Dic 2018
Tempo di lettura: 6 minuti

Con il presente contributo si vogliono mettere a fuoco alcuni assi dello storytelling umbro. Intendendo per storytelling quell’universo narrativo che racconta il viaggio delle storie di generazione in generazione che nascono, si evolvono e trasmettono potere, ricchezza, fascinazione, valori.

Di seguito ci occuperemo di alcune peculiarità umbre note a tutti e proprio per questo a volte date per scontate e quindi trascurate, ma in realtà preziosissime per la narrazione di una regione.

Le fondamenta di una narrazione: Umbria verde e francescana

Le basi su cui poggia molta della narrazione odierna della regione vengono da lontano e sono l’Umbria verde e l’Umbria francescana: due storie che di fatto hanno invitato le persone di tutto il mondo a partecipare ad un destino e, per questo, due esempi eccezionali di storytelling.

Gli aggettivi verde e francescana sono le basi più solide su cui si regge un po’ tutto l’universo narrativo umbro e, cosa non secondaria, funzionano ancora. Mettono a fuoco questi luoghi nei loro tratti più intimi e irrinunciabili ed hanno ancora viva dentro di loro la forza di intrigare, affascinare ed attrarre.

L’Umbria cuore verde d’Italia è uno slogan che ha agito come un collante di qualità: ha messo insieme pezzi diversi e li ha fatti sembrare uniti da sempre.

Ma che cos’è uno slogan? Potremmo dire la strada più veloce per conquistare l’attenzione delle persone; una formula che decreta vincente una strategia di marketing; ed ancora quel giusto mix di parole e/o immagini che consentono di uscire dall’anonimato. Sul dizionario (Devoto-Oli) c’è scritto: frase suggestiva e sintetica, destinata a rimanere impressa nella mente e a convincere il lettore o l’ascoltatore.

Tra i padri fondatori di questo slogan c’è niente di meno che Giosuè Carducci e, agli inizi del Novecento, Carlo Faina, personaggio umbro di primissimo piano, lo utilizzò come titolo di un suo libro. Dopo il 1970, per fini di promozione turistica, la neonata Regione lo rispolverò e lo ripropose in una veste leggermente diversa: L’Italia ha un cuore verde: l’Umbria. Ovviamente, questo avveniva a prescindere dal fatto che ormai le città stavano già invadendo le campagne e il paesaggio era costretto a cedere spazi al consumo del territorio.

L’Umbria francescana è l’altro elemento fondamentale della narrazione di questi luoghi. Il segno lasciato dal frate è di portata enorme e le sue tracce sono moltissime e rinvenibili in basiliche, chiese, conventi, eremi e boschi che ne segnarono i passaggi fondamentali della sua vita ricca di misticismo profondo e non priva anche di elementi di ambiguità. Il “poverello di Assisi” con la sua storia ha inciso straordinariamente nell’immaginario di tutti al punto che le parole “Umbria” e “San Francesco” si sono fuse in un continuum che ha finito per stimolare un’ampia produzione culturale; d’altronde c’era da aspettarselo visto che il Cantico delle creature ha segnato addirittura la nascita della letteratura italiana.

Quello di Francesco di Bernardone non è stato solo un messaggio dal valore religioso, ma un insegnamento di portata vastissima che ha toccato il mondo intero e donato moltissimo all’immagine dell’Umbria. Con un linguaggio di stampo più da sociologo si può dire che il capitale sociale umbro è da ascrivere per una grossa fetta ai meriti del frate di Assisi. Il messaggio partito dalle pendici del monte Subasio nel lontano mille e duecento, coi secoli, è stato un valore aggiunto notevole per l’Umbria.

San Francesco è stato colui che votandosi fece accigliare la Chiesa. E che, se solo avesse voluto, avrebbe potuto fare di Assisi l’anti-Roma.

Con Francesco Di Bernardone siamo di fronte ad un universo narrativo che invita a partecipare ad un destino sempre capace di rinnovarsi e quindi catturare l’attenzione e l’immaginazione delle persone.

 

L’Umbria e i nuovi universi narrativi

Riprendendo il titolo del presente paragrafo, il primo universo narrativo che si può prendere in considerazione è Umbria Jazz, un festival di grande richiamo che ha alimentato l’immaginario interno ed esterno di queste terre e ha dato molto alla regione in termini di visibilità e fama. Da quando è nato nel 1973 ha assicurato al suo pubblico molte emozioni che si sono trasformate in storie che hanno girato e ancora girano il mondo intero.

Un’altra storia contemporanea umbra è rappresentata dal Festival dei Due Mondi che da più di sessant’anni continua ad affascinare in quanto ricco di nuove idee, non trascura i giovani talenti e non ha paura di fare sperimentazioni.

Eurochocolate è uno degli eventi anagraficamente più recenti e conferisce a questi luoghi il potere ammaliante del cioccolato. Nasce nel 1994 e nel corso degli anni è diventato l’emblema delle feste del cioccolato in Italia. Le stime sui visitatori degli ultimi anni ci dicono che ormai siamo oltre il milione di persone nei dieci giorni della manifestazione. È un biglietto da visita di grande valore per l’Umbria e chi lo nega sta semplicemente negando l’evidenza dei fatti. La narrazione umbra viene esaltata all’ennesima potenza da questo evento, tant’è che fuori dalla regione sono in tanti a pensare che dalle fontane perugine, nel periodo della festa, sgorghi cioccolato anziché acqua.

Il Festival Internazionale del Giornalismo rappresenta l’occasione in cui l’Umbria diventa un animato punto di incontro di personaggi che da ogni parte del mondo vengono a confrontarsi a queste latitudini sui temi più svariati e figli della nostra modernità. Un esercito di amanti della penna, come si diceva un tempo, che quando al termine della manifestazione rifanno i bagagli per ripartire non mancano di portarsi con loro un pezzo di Umbria per farla rivivere fuori dai suoi propri confini.

Al volto dell’Umbria di oggi fa molto bene l’essere la location di tanti film. La regione, grazie alla particolare struttura architettonica dei suoi borghi e in virtù dei suoi paesaggi, si presta facilmente a diventare un set cinematografico naturale.

Da queste parti ha messo su casa il prete investigatore più famoso d’Italia. Il riferimento ovviamente è a Don Matteo, interpretato da Terence Hill, che ha conquistato i cuori di milioni di spettatori che non mancano di alimentare il cineturismo ed andare a visitare Gubbio e Spoleto, i due set del telefilm, nonché i vari borghi della regione.

Se Don Matteo rappresenta un vero e proprio manifesto promozionale dell’Umbria – come succede d’altronde con Montalbano in Sicilia – non sono poche le altre produzioni cinematografiche che hanno alimentato l’immagine e la storia di questi luoghi. Ne cito qualcuna giusto per curiosità: la recente miniserie tv sulla storia dell’imprenditrice Luisa Spagnoli; la serie “Carabinieri” girata dal 2002 al 2007 a Città della Pieve; i film “Lezioni di cioccolato” (2007) e “Ma quando arrivano le ragazze?” (2003); ecc. La lista è lunghissima.

Un’iniziativa ad alto valore narrativo è stata quella che ha portato in Umbria Steve McCurry. Il fotografo di fama mondiale, con i suoi cento scatti, oltre ad aver costruito un book fotografico di grande pregio, ha restituito un’immagine della regione che è al contempo essenza, identità e forza. Nelle sue foto, quando le si guarda, prende forma un luogo che intriga e che ti viene voglia di conoscere, di visitare. Dal punto di vista di chi scrive questo tipo di iniziative meriterebbero di essere rifatte periodicamente, magari ogni 4 anni come i mondiali di calcio, chiamando alla corte di questi territori ogni volta un nuovo fotografo di fama internazionale. A regime, si potrebbe anche pensare ad un museo ad hoc, casomai fatto realizzare a Norcia.

I meglio informati ci dicono che anche i cuochi di questi tempi agiscono alla grande sullo storytelling dei luoghi. E forse è proprio vero. Basti pensare al fenomeno Giorgione che con le sue trasmissioni su Sky fa emergere un’immagine intrigante dell’Umbria. Il cuoco di Montefalco si rivela essere una buona linfa per la narrazione del cuore verde, d’altronde siamo di fronte a un vero personaggio, quasi fiabesco:

Alto, pancione (per la verità ultimamente molto meno), barbone, vestito con l’immancabile salopette, Giorgione, al secolo Giorgio Barchiesi, è una star della gastrotelevisione. Profeta della cucina “laida e corrotta”, si aggira per lo schermo con una bottiglia d’olio in una mano e un panetto di burro nell’altra, assaggia rumorosamente il frutto del suo lavoro e si crogiola in mugolii di piacere. Sembra un personaggio più che una persona. (Uliano, 2017)

 

In un contesto sempre più globale è importante saper giocare le proprie carte e quindi saper individuare la cornice entro la quale potenziare la propria narrazione.

A livello mondiale ci troviamo di fronte ad un aumento dell’offerta che va inevitabilmente a stimolare nuovi gusti e nuove tendenze.

 

Riferimenti bibliografici

Angelini L.

2015     Storytelling: il potere delle storie d’impresa, Ed. F. Angeli.

Coco G.

2017     Le regioni in altalena, in AUR&S 13, semestrale dell’Agenzia Umbria Ricerche, Perugia, pp. 113-128.

2016     “Il futuro delle Regioni tra metamorfosi e identità”, in L’Umbria tra Toscana e Marche, Aur Rapporti, Perugia, pp. 419-440.

Melelli F.

2016     L’Umbria sullo schermo. Ed. Aguaplano.

Regione Umbria

2014     Steve McCurry, Sensational Umbria.

2016     Piano annuale delle attività di promozione turistica e integrata 2016, Rnpt.

Rossi R.

2003     “L’unità umbra” in Umbria Contemporanea, n. 1, pp. 9-18.

Salmon

2008     Storytelling. La fabbrica delle storie. Ed. Fazi.

2014     La politica nell’era dello storytelling. Ed. Fazi.

Sassoon J.

2016     Web storytelling. Costruire storie di marca nei social media. Ed. F. Angeli

Sensi S. (intervista a Giorgio Ferrara)

2015     “Il Festival dei Due Mondi”, in Umbria Contemporanea. La cultura in Umbria negli anni della crisi n. 22-23, pp. 90-96.

Tondini E. (intervista a Carlo Pagnotta)

2015     “Meno male che c’è Umbria Jazz”, in Umbria Contemporanea. La cultura in Umbria negli anni della crisi n. 22-23, pp. 97-108.

Uliano M. A.

2017     “Giorgione, il gigante gentile che cucina sulle colline del Sagrantino”, in     Repubblica.it, 24 febbraio.

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