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Elisabetta Tondini
Agenzia Umbria Ricerche

L’importanza dell’immagine nell’economia contemporanea

29 Ago 2018
Tempo di lettura: 7 minuti

Un famoso storico dell’arte totale, Ernst H. Gombrich, nel 1985 ebbe modo di scrivere “Siamo alle soglie di una nuova epoca storica in cui alla parola scritta succederà l’immagine”.
Da tempo l’immagine ha sostituito la comunicazione scritta e quella verbale, assumendo una funzione strategica nelle relazioni sociali così come in quelle economiche.
Il ricorso all’immagine è diventato una pratica connaturata a ogni aspetto della vita al punto che l’ormai abusata espressione viviamo in una società delle immagini, originariamente utilizzata per indicare il prevalere della forma rispetto alla sostanza, oggi sottende la modalità prevalente su cui poggiano comunicazione e informazione, avendo ormai riconosciuto alla immagine l’importante ruolo di efficace veicolatore di significati.
Nel rapido fluire delle idee che alimentano le reti di conoscenza di questa contemporaneità, le immagini sono diventate strumenti ideali per una comunicazione sempre più veloce e frenetica, per la loro potenziale capacità di trasmettere contenuti in modo efficace e nel più breve tempo possibile. E nella rapidità con cui le relazioni si sviluppano, si trasformano, si intrecciano, le immagini ad esse collegate sono inevitabilmente soggette a continue evoluzioni.
Facendo riferimento al mondo delle arti grafiche, sono emblematiche le parole di un giovane teorico del design e docente di Psicologia della percezione, Riccardo Falcinelli, il quale, nel sottolineare come il fattore imprescindibile del suo lavoro sia la narrazione, dice: La progettazione grafica mi porta (…) a formulare idee, costruire teorie, modi di pensare, comunicando ai non addetti ai lavori lo sguardo sulla società attuato attraverso le immagini (Falcinelli, 2016).
In economia, ove la gestione della comunicazione ha assunto un ruolo strategico nella creazione di valore, l’immagine riveste un ruolo di primo piano.
Da un punto di vista micro, collocazione e competitività sul mercato sono giocate sull’immagine, con la quale l’azienda comunica i valori e i contenuti che la identificano, in poche parole trasmette la propria identità. In molti casi il valore della comunicazione supera quello intrinseco del prodotto stesso. Del resto, nell’epoca post-moderna: Ciò che si scambia sul mercato è, solo apparentemente, rappresentato dai prodotti. In realtà sono immagini, segni, messaggi (Fabris, 2003).
Lo sanno bene i produttori del Made in Italy per i quali, più che il prodotto materiale, conta il significato che lo stesso racchiude. Nella moda, ad esempio, lo stilista cerca di suggerire contenuti legati non solo e non tanto al vestire ma a un certo stile di vita, il quale si identifica a sua volta con il territorio di cui quel prodotto è espressione. Il territorio diventa in questi casi elemento distintivo che esalta l’identità del prodotto. Quello che fa il Made in Italy non è solo un’operazione a livello economico-produttivo (vale a dire finalizzata al consumo di prodotti di tendenza), ma anche simbolico, alimentando il mito che costruisce l’identità italiana (Figure.it, 2017).
In Umbria abbiamo la fortuna di avere un esempio straordinario di quanto detto: mi riferisco a un marchio del mondo della moda diventato ormai un significato, la sintesi di molti elementi che si rifanno a una certa idealità e a un certo modo di pensare il lavoro e il suo ruolo nella vita. Lo spirito mecenatesco che ha arricchito questa immagine così sapientemente costruita nel tempo ha fatto il resto, riuscendo a creare una simbiosi profonda tra la qualità del lavoro del nostro territorio e la ricchezza di arte e cultura di cui è pregno.
La parola territorio diventa centrale quando si passa da una prospettiva micro a una prospettiva macro-economica. Quale fattore che non ha mai perso la sua importanza nei giochi della competitività, oggi – forse ancora più di ieri – il territorio è di fatto il protagonista dello sviluppo, chiamando in causa quel processo che dalla coscienza passa alla identificazione dei luoghi.
Nell’economia della conoscenza, ove la competizione si è spostata sulla disponibilità di asset intangibili, i territori acquistano una rilevanza strategica per l’offerta di beni immateriali che vanno dalle reti di conoscenza agli stimoli culturali, passando per la qualità della vita.
A sua volta, nella competizione di territori, conta prima di tutto la capacità di: attrarre flussi di persone e risorse, talenti e creatività, intercettare persone qualificate, fidelizzare le aziende ivi localizzate affinché non si trasferiscano altrove, mettere a disposizione attrezzature e servizi, catalizzare l’interesse di potenziali visitatori.
Dunque, nella costruzione della sua competitività – funzionale alla realizzazione dello sviluppo locale – un territorio ha bisogno di poter essere identificato nelle sue potenzialità e nei suoi caratteri peculiari, ha bisogno cioè di avere una sua identità.
Da qui, l’importanza dei processi di costruzione dell’immagine.
Il territorio deve comunicare ciò che è, ciò che sa fare, le sue qualità, il suo valore. E ogniqualvolta non si abbiano informazioni sui caratteri di un territorio, l’esistenza di un’immagine a forte contenuto fiduciario si traduce in un vantaggio competitivo per lo stesso. Non è un caso che nell’ultimo mezzo secolo siano proliferati studi sull’immagine del territorio.
Quanto detto genericamente per i territori vale più specificamente per le città, diventate centrali nell’economia contemporanea (si parla non a caso di economia delle città). Affinché possano costituire luoghi di interazione per favorire il confronto, l’innovazione e la proliferazione di nuove professionalità, alimentare flussi di idee e conoscenza, generare saperi è necessario che le città non smettano mai di attrarre risorse. L’attrattività di una città o più genericamente di un luogo si basa sull’immagine percepita che è, prima di tutto, un processo di costruzione sociale. Un processo che abitanti, istituzioni, produttori, consumatori, media, costruiscono lentamente attraverso le proprie azioni, relazioni, narrazioni. Ma si tratta di un processo né lineare né consequenziale. In più, dipende dal modo in cui si fondono l’immagine interna (quella prodotta dagli abitanti e dall’amministrazione cittadina) e l’immagine esterna (quella creata dai soggetti che non partecipano della vita quotidiana della città).
Ma su questo punto, che è centrale, insisterò più avanti.
Tornando all’importanza dell’attrattività delle città, quali centri strategici nel guidare innovazione e crescita economica locale, l’Europa ha da tempo favorito lo sviluppo di strategie di rinnovamento degli spazi urbani per aumentarne l’appeal, al fine di attrarre nuovi o più ingenti flussi turistici, ma anche investitori, lavoratori, aziende, cittadini. Di conseguenza, è cresciuta l’attenzione per la costruzione e la promozione dell’immagine del territorio, utile allo sviluppo economico locale.
Molte sono le città che hanno rigenerato il proprio patrimonio e tentato di cambiare la propria immagine, passando da una connotazione negativa di area in declino a un’altra, positiva, di città rinnovata grazie a nuovi e più attraenti configurazioni. In questi processi di trasformazione, l’impulso dato da creatività, cultura, turismo hanno talora reso più attrattiva la città non solo per i visitatori esterni ma per gli abitanti stessi. Con sempre maggior frequenza l’elemento chiave alla base della costruzione di un’immagine di successo per un territorio è lo stimolo culturale, come la proposizione di grandi eventi. Significativi tassi di crescita sono stati riscontrati, non a caso, in molte delle aree che hanno ospitato eventi culturali importanti.
L’Umbria è ricca di queste presenze. Quelle che hanno una lunga storia alle spalle hanno contribuito a forgiare l’immagine della regione, con un valore aggiunto in più, in questo caso, perché connaturate ormai al territorio di cui sono diventante parte integrante (si pensi al Festival di Spoleto e a Umbria Jazz).
La forza comunicativa degli eventi culturali nella costruzione dell’apprezzamento di una città sottende il ruolo chiave che tali appuntamenti possono svolgere nello sviluppo economico locale. Tuttavia, perché gli effetti sull’immagine del territorio non siano effimeri ma durino e si consolidino nel tempo e perché si inneschi un circolo virtuoso tra evento-trasformazione-crescita economica, è importante che qualunque evento o processo rigenerativo di un’area stimoli un rinnovato senso di appartenenza e di orgoglio per la propria città e per il proprio territorio. Gli effetti sulla forza dell’immagine saranno evidenti. L’esito positivo e duraturo per il territorio dipende infatti dalla coerenza tra l’immagine interna e l’immagine esterna e dalla capacità del sistema di regia (diretto da una pluralità di soggetti, a partire dalle pubbliche amministrazioni) di mantenere in vita un circolo virtuoso di relazioni tra gli attori che intervengono nella costruzione della reputazione della città, per giungere a un’identità che sia frutto di un processo partecipato. Ecco perché nella costruzione dell’immagine non si può bluffare. Creare un’immagine non è mai bastato a renderla parlante: i significati nascono dal contesto sociale, dal luogo in cui quell’immagine è posizionata, dal suo valore economico, dalle negoziazioni culturali tra emittenti e fruitori, in poche parole: dall’uso che se ne fa (Falcinelli, 2014).
Dicevo all’inizio che le immagini restituite all’occhio del mondo per promuovere un territorio hanno necessità di evolversi seguendo il naturale corso delle cose, mantenendo tuttavia una coerenza tra ciò che si è, ciò che si ha, ciò che si è diventati e ciò che si trasmette. Purtroppo può capitare che accadimenti inopinati e drammatici, come certe calamità, intervengano a trasmettere altre immagini, trasformando e sovrapponendosi a quelle originarie. In questi casi, si può riuscire a fare tesoro anche di eventi devastanti guardando al futuro: l’immagine di un’Umbria ferita che, grazie all’opera di molti, intraprende il percorso della sua ricostruzione, di fatto sta – anche inconsapevolmente – veicolando un messaggio potente di positività e di forza che si va ad aggiungere alle caratteristiche già note dei suoi luoghi.
Un richiamo all’economia del turismo è, a questo punto del racconto, doppiamente doveroso.
Si è detto in molte occasioni, da più voci, che per l’Umbria una importantissima chiave di volta per la sua ripresa è il turismo. Superfluo è ricordare il ruolo che, nell’industria turistica, riveste l’immagine e, con essa, la narrazione, l’identità dei luoghi, l’immaginario. Miossec, già una quarantina di anni fa, disse che Lo spazio turistico è in primo luogo un’immagine. E oggi, in cui si è molto spesso prima di tutto turisti virtuali, la potenza dell’immagine è diventata smisurata, anche nella sua capacità di generare significati.
Tuttavia, nel processo di costruzione di ciò che si vuol comunicare al mondo esterno, immagine e identità non possono e non devono fare riferimento solo alle tradizioni del passato: alcuni studiosi hanno sottolineato infatti come la tendenza alla conservazione renda meno autentica l’identità di un luogo.
Invece il turista, oggi, cerca l’autenticità. L’autenticità va oltre i desideri e le richieste di conferma dei turisti, va oltre le loro aspettative (Urry, 2000). Il turista non vuole isolarsi dallo spazio e dalle persone che vivono i luoghi che visita. Vuole invece partecipare dell’attualità, che è un continuo fluire. Lo stesso processo di rinnovamento degli spazi urbani nella loro offerta culturale sempre più ricca e diversificata esprime una continua trasformazione che coinvolge in primo luogo i residenti stessi, i quali peraltro rivolgono una domanda che non è poi così distante da quella espressa dal visitatore esterno.
Insomma, il turismo contemporaneo tende sempre più a invadere gli spazi della vita quotidiana, rendendo via via più sfumato il confine tra la vita vera e il tempo libero. Si diffonde così il turismo creativo che, nell’offrire pezzi di vita quotidiana del luogo di vacanza, cerca di assecondare il crescente desiderio del turista contemporaneo di poter vivere come un locale.
E riscuotono successo certe iniziative che vedono i residenti stessi di una città a condurre i visitatori, opportunamente scelti, in passeggiate che seguono non gli itinerari convenzionali ma gli interessi personali dell’accompagnatore.
Per quanto detto, è pur vero che la tradizione costituisce il riferimento sedimentato per identificarsi di fronte ai cambiamenti, ma i luoghi – che tale tradizione raccontano – sono in continua evoluzione. Allora, poiché nella ricerca di autenticità il collegamento al presente è imprescindibile, immagine e identità devono saper esprimere l’oggi e le sue continue trasformazioni.
L’Umbria, nel cercare di insistere affinché le potenzialità della risorsa turistica possano tradursi in effetti concreti sullo sviluppo, non può ignorare queste nuove esigenze e, su questa consapevolezza, deve lavorare affinché il processo di costruzione della propria immagine riesca a inglobare (anche) le dinamiche dell’innovazione.

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