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Claudio Ricciarelli
ex Dirigente sindacale CISL Umbria

L’importanza di un modello di crescita sostenibile

12 Mar 2021
Tempo di lettura: 3 minuti

Fa una certa impressione in questo buio tempo di Covid vedere l’Umbria dipinta di rosso-arancio, come regione tra quelle a più alto indice di contagi; la stessa Umbria che, nell’immaginario collettivo, è stata percepita per tanto tempo il “cuore verde d’Italia”.
Qualcosa non deve essere andato per il verso giusto e questo è un ulteriore pesante colpo per una regione che fa fatica da tempo a risalire dalla crisi del 2008 e trovare un suo modello di crescita virtuoso e sostenibile.
In questo contesto diventa più che mai fondamentale capire come muoversi e cosa fare. Di sicuro, nell’immediato c’è bisogno di mettere in atto velocemente gli interventi di sostegno e ristoro alle imprese colpite dalla pandemia, al turismo, alle partite Iva, all’occupazione, alle famiglie.
Nel medio/lungo periodo è decisivo attrezzarsi per utilizzare al meglio le risorse della futura programmazione dei Fondi europei (2021/2027) e del Recovery Plan su pochi ma decisivi progetti capaci di imprimere una traiettoria nuova al modello di crescita della regione rimuovendo le cause di fondo della sua scarsa competitività di sistema e della bassa produttività delle sue imprese, da cui discendono gran parte delle cause dell’alto tasso di disoccupazione, del basso reddito pro capite e dell’insufficiente livello del tasso di attività ed occupazione.
In particolare, per le risorse del Recovery Plan sarebbe auspicabile un ruolo attivo e collaborativo di tutti gli attori pubblici e privati della Regione per facilitare un impatto importante dei progetti nazionali rispetto alle scelte di crescita e di sviluppo sostenibile dell’Umbria. Ciò andrebbe fatto anche magari rafforzando una cooperazione interregionale con le confinanti Marche, Toscana e Lazio.
In ogni caso, per non ripetere gli errori del passato, oltre che concentrare le risorse su poche e strategiche priorità e progetti innovativi capaci di creare anche lavoro nuovo e stabile soprattutto per i giovani, vanno formate e valorizzate adeguate competenze tecniche, specifiche e specializzate nella pubblica amministrazione. Ciò per la progettazione, gestione e rapida realizzazione dei programmi definiti con un effettivo coordinamento interistituzionale e un coinvolgimento dei corpi intermedi e delle parti sociali maggiormente rappresentative, accompagnati da rigorosi processi di valutazione ex ante ed ex post.
Va inoltre ridata attenzione e centralità al sistema manifatturiero per accrescerne la produttività e le sue capacità competitive anche nei mercati globali attraverso il sostegno delle attività di ricerca, innovazione e specializzazione anche in un rapporto nuovo con l’Università e i Centri di Ricerca. Ciò andrebbe fatto con scelte selettive, mirate e premiali.
Si tratta, in definitiva, di innalzare il valore del PIL dando centralità alla “buona” economia, quella economia sostenibile fondata anche sul valore del lavoro, che ponga al centro la persona, la sua formazione, crescita, partecipazione attiva alla vita dell’impresa e sulla redistribuzione equa dei risultati economici in termini anche di riconoscimento professionale oltre che di reddito prodotto, innovando relazioni sindacali e modelli di contrattazione partecipativi.
Dare valore al PIL significa dare specialità e qualità al made in Umbria, apprezzato nel mondo per la qualità dei suoi manufatti. Si tratta, al tempo stesso, di dare armonia al modello di coesione sociale e alla crescita di una economia sociale e civile che si prenda cura del territorio e dei suoi beni comuni, ad una economia circolare legata al riciclo, al riuso e alla riduzione degli sprechi creando, anche per questa via, nuovo lavoro “buono”, stabile, dignitoso, insieme a una diffusa cultura della sobrietà negli stili di vita e di consumo.
Un modello di crescita ambientalmente sostenibile richiede il superamento di timidezze e più coraggio nel promuovere sistemi di economie circolari, che diano priorità alle energie rinnovabili, a modelli di mobilità sostenibile, all’efficientamento energetico abitativo, come con la Legge sull’Ecobonus; serve agire con più coraggio sul sistema dei rifiuti premiando riduzione, riciclo, riuso e raccolta differenziata riducendo i volumi destinati agli impianti sia di recupero energetico che di discarica nonché sulla gestione del ciclo delle acque che dia priorità all’ammodernamento della rete idrica/acquedottistica riducendone perdite e costo. Questi dovrebbero essere i progetti più qualificati delle risorse del Recovery Plan destinati alla sostenibilità ambientale e che, anche la programmazione regionale dovrebbe favorire.
Ma ciò che si fa più fatica a impostare è una azione organica di politica attiva del lavoro e dei suoi intrecci, con un rinnovato sistema di ammortizzatori sociali, di moderni servizi per l’impiego e una più integrata formazione e istruzione tecnica e professionale e il mondo della scuola.
In ciò, certo non aiuta l’attuale asimmetria nelle competenze istituzionali fra i vari livelli di governo nazionali, regionale e provinciale nonché di quella buona sussidiarietà espressa dalle parti sociali con le esperienze degli Enti Bilaterali.