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Elisabetta Tondini
Agenzia Umbria Ricerche
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Mauro Casavecchia
Agenzia Umbria Ricerche

L’Umbria e il PNRR / 10 – L’intreccio virtuoso giovani-conoscenza-innovazione-crescita

31 Mag 2021
Tempo di lettura: 5 minuti

Il PNRR dell’Umbria mira ad aumentare la produttività e a rafforzare l’attrattività della regione, individuando nella qualità del capitale umano uno dei più importanti fattori strategici su cui agire. Si tratta di una scelta corretta, per gli effetti trasversali che è in grado di generare. Tra gli elementi immateriali che contribuiscono a innalzare la produttività, innovazione e conoscenza costituiscono infatti un binomio imprescindibile, sia come fattore endogeno che ambientale: un territorio ad elevato contenuto di conoscenza e ad alta circolazione di idee e intelligenze è un terreno fertile per le realtà produttive che vi operano.
Per di più, un’ampia letteratura dimostra come l’innovazione generata dalla conoscenza, che porta alla crescita economica, è tanto più elevata laddove più elevata è la presenza dei giovani, in virtù del fatto che le capacità e le competenze delle nuove generazioni costituiscono la risorsa principale per i sistemi economici della contemporaneità. Insomma, esiste un circolo virtuoso e inscindibile tra giovani, competenze, innovazione, crescita.
Il problema dei giovani, già presente in Italia, in Umbria risulta enfatizzato: minore è la loro presenza tra la popolazione ma anche tra gli occupati; sono più elevati i tassi di disoccupazione nella fascia 25-34 anni; più diffuso è il sotto inquadramento e la sovra istruzione occupazionale che vede la regione, con il suo 33%, primeggiare nella graduatoria nazionale. Un fenomeno, quest’ultimo, diretta conseguenza dei caratteri di un sistema produttivo locale che non riesce a valorizzare adeguatamente le competenze con formazione terziaria.
Per l’Umbria, dunque, lavorare sull’inclusione dei giovani nel sistema produttivo agirebbe a vantaggio non solo di una crescita della competitività ma anche della sostenibilità demografica, sociale, economica.

La missione che nel PNRR è deputata ad affrontare il complesso intreccio giovani-competenze-innovazione è la numero 4, finalizzata a superare le criticità del nostro sistema di istruzione, formazione e ricerca e a sviluppare una economia ad alta intensità di conoscenza.
L’Umbria nel suo Piano sviluppa questo tema concentrando l’attenzione sul segmento università-ricerca-trasferimento tecnologico. Lo fa, in particolare, articolando la missione 4 “Istruzione e ricerca” in cinque progetti strategici, di cui tre rivolti al rafforzamento strutturale dell’Università degli Studi di Perugia, uno al potenziamento della didattica e diritto allo studio e uno – quello denominato “Start and Grow” – finalizzato al sostegno tecnico e finanziario di iniziative imprenditoriali innovative. La dotazione finanziaria dell’intera missione ammonta a 214,5 milioni di euro, il 6,9% delle risorse totali.
Tra i progetti della missione, quello che assorbe la quota più cospicua di fondi è il “Polo scientifico regionale”, che prevede la strutturazione fisica delle due aree urbane di via del Giochetto a Perugia e di Pentima a Terni per la creazione di un Polo Tecnologico regionale. Altri due progetti sono finalizzati al potenziamento/creazione di centri di ricerca altamente specializzati: il Centro Umbro di Ricerca e Innovazione nel settore delle scienze omiche e della medicina 4P e il CAOS, laboratorio di ricerca afferente al Dipartimento di Fisica. L’iniziativa “L’Umbria per lo studio e la ricerca” ha invece un carattere più trasversale e riguarda il potenziamento delle strutture e infrastrutture destinate ai servizi per gli studenti universitari, insieme alla promozione di progetti per lo sviluppo di competenze STEM e all’incentivazione di percorsi di alta formazione per favorire l’inserimento di profili specialistici all’interno delle imprese.
Si riconosce così all’ateneo una importante forza propulsiva, che travalica gli effetti più immediati legati al suo essere “attrattore territoriale”, assurgendo a vero e proprio “sviluppatore urbano”. Non solo per la qualità del capitale umano che riesce a formare, ma anche per le ricadute sul sistema produttivo locale, laddove la ricerca scientifica riesca a stimolare l’introduzione di innovazione nelle imprese esistenti e la creazione di imprese nuove, sempre più innovative. Una università efficiente stimola idee, creatività, opportunità, incoraggia comportamenti virtuosi nei soggetti con cui interagisce, corrobora l’accrescimento sociale, culturale, economico locale.
Attraverso una composita serie di opere di infrastrutturazione e di ampliamento e abbellimento urbano dei centri deputati allo studio e alla ricerca risulta dunque chiaro l’intento di realizzare punti distintivi e altamente qualificanti per favorire l’attrattività dell’ateneo e, conseguentemente, del territorio. Una maggiore circolazione di studenti, studiosi, esponenti del mondo della ricerca, anche internazionale, può alimentare interconnessioni più ampie, con conseguenti effetti benefici per lo sviluppo locale. Inoltre, la promozione di una sensibilità verso competenze scientifiche e di innesti di figure specialistiche nelle realtà aziendali non può che rafforzare la capacità innovativa del sistema Umbria.

In linea di massima, gli interventi previsti dal Piano umbro sembrano proiettati verso una direzione segnata, volta a favorire: lo sviluppo della ricerca e della formazione scientifica e tecnologica sul territorio e la crescita delle relative competenze da parte dei giovani, anche attraverso il potenziamento di eccellenze; il collegamento tra mondo della ricerca e mondo imprenditoriale per un aumentata capacità di assorbimento di contenuto tecnologico e intensità di conoscenza da parte del sistema produttivo regionale; la crescita della domanda di lavoro giovanile qualificato e il contrasto delle forze centrifughe dei giovani, per un complessivo aumento della produttività del sistema.
In questo meccanismo virtuoso, un punto cruciale è rappresentato dalla capacità del tessuto imprenditoriale di interagire proficuamente con il mondo della ricerca e di introiettarne le competenze, traducendo le potenzialità in percorsi effettivi di innovazione. Un aspetto su cui, per l’Umbria come del resto anche per l’Italia, c’è ancora molto da lavorare.
Prova ad intervenire su questo punto l’iniziativa “Start and Grow”, che intende creare una nuova società regionale per l’amministrazione di tre specifici fondi di finanziamento destinati alle imprese innovative a vari stadi di sviluppo. Favorire la nascita di un “ecosistema dell’innovazione” è un progetto ambizioso che, cercando di coprire una lacuna nelle politiche regionali di trasferimento tecnologico per le imprese, affronta l’annosa questione del rafforzamento del legame tra ricerca e produzione, da sempre spina nel fianco per il sistema umbro.
Tale aspetto è talmente strategico da aver meritato all’interno del PNRR nazionale una componente specifica denominata esplicitamente “Dalla ricerca all’impresa”, finalizzata “ad innalzare il potenziale di crescita del sistema economico, favorendo la transizione verso un modello di sviluppo fondato sulla conoscenza, conferendo carattere di resilienza e sostenibilità alla crescita. Le ricadute attese della componente si sostanziano in un significativo aumento del volume della spesa in R&S e in un più efficace livello di collaborazione tra la ricerca pubblica e il mondo imprenditoriale”.

Come inquadrare l’iniziativa regionale Start and Grow all’interno della strategia italiana?
Occorre innanzitutto capire in che modo si raccorda con altre misure previste dal Piano nazionale, quali ad esempio:
• il finanziamento di start-up attraverso il Fondo Nazionale per l’Innovazione, lo strumento gestito da Cassa Depositi e Prestiti per sostenere lo sviluppo del Venture Capital in Italia (Investimento 3.2);
• il rafforzamento di “ecosistemi dell’innovazione”, con finalità di formazione di alto livello, innovazione e ricerca applicata sulla base delle vocazioni territoriali (Investimento 1.5);
• il potenziamento di una rete di 60 centri territoriali di trasferimento tecnologico (Centri di Competenza, Digital Innovation Hub, Punti di Innovazione Digitale) incaricati dello sviluppo di progettualità, dell’erogazione alle imprese di servizi tecnologici avanzati e servizi innovativi e qualificanti di trasferimento tecnologico (Investimento 2.3).
Come si vede, a livello nazionale vi è un tentativo di riportare a coerenza un sistema di trasferimento tecnologico che presenta ancora diverse criticità, tra cui: “la bassa propensione a cooperare fra imprese e università e centri di ricerca; la scarsa attrattività dei centri esistenti; la frammentazione del sistema e la presenza di troppi attori senza una missione chiara e uno scopo definito; e, infine, la mancanza di una governance chiara” (p. 194). Una serie di problemi che, fatte le debite proporzioni, si ritrovano tali e quali nel territorio umbro.
In questo quadro, verrebbe allora da chiedersi se per introdurre nelle politiche regionali il nuovo strumento sia preferibile creare un nuovo ente o piuttosto delegarne la gestione a un soggetto già esistente, potenziandone competenze e finalità.
Inoltre, andrebbe chiarito in che modo l’iniziativa Start and Grow può conciliarsi con la strategia di riorganizzazione, semplificazione e razionalizzazione della rete dei centri di trasferimento tecnologico: il Governo indica chiaramente che intende finanziare centri già esistenti sulla base di una valutazione di performance, mentre la precondizione per sostenere la creazione di nuovi centri è l’esistenza di un cofinanziamento privato. Un aspetto, quest’ultimo, che nella proposta regionale non sembra ancora adeguatamente approfondito.
Su tutto, andrebbe comunque tenuta presente la raccomandazione del Piano nazionale – sempre sul terreno del sostegno ai processi di innovazione e trasferimento tecnologico – di evitare iniziative isolate: rafforzare i partenariati e le interconnessioni e costruire relazioni ampie tra soggetti e territori diversi al fine di massimizzare le potenzialità e l’efficacia resta un obiettivo necessario, tanto più per le realtà territoriali minori quali l’Umbria.