Focus
Giuseppe Coco
Paradigmi utili per sistemi locali tentennanti
Ci sono territori che avrebbero bisogno di capire se sono in grado radunare le energie necessarie per migliorare le loro performances.
Detto ciò, il pensiero di chi scrive va dritto dritto a due volti di una stessa medaglia che, a partire dagli anni Sessanta, sono stati i protagonisti della rinascita di intere aree del nostro Paese: lo sviluppo locale e il capitale sociale. Cerchiamo di capire meglio di cosa si tratta.
Lo sviluppo locale
Nella prima parte del ‘900, le principali scuole di pensiero economico non consideravano lo spazio locale come una variabile fondamentale nella catena della produzione. Il fulcro era rappresentato dalle grandi aziende, verticalmente integrate, che controllavano le diverse fasi produttive, oltre al mercato del lavoro e quello dei beni. In pratica, luoghi di produzione schermati il più possibile dai condizionamenti ambientali. Il modello produttivo di riferimento era il fordismo che, “basato sui principi del taylorismo, mirava ad accrescere l’efficienza produttiva attraverso una rigorosa pianificazione delle singole operazioni e fasi di produzione, l’uso generalizzato della catena di montaggio, un complesso di incentivi alla manodopera” (Treccani online).
In questo scenario, per le piccole imprese sembrava esserci solo spazio per un mercato residuale e precario (Becattini e Rullani 1993) e molti ritenevano improbabile che potessero, per semplice agglomerazione territoriale, competere in modo non casuale con le grandi imprese. Ma ad un certo punto le cose sono mutate. Il territorio via via si è consacrato come un elemento centrale nei processi di localizzazione, investimento e scelta delle strategie da parte delle imprese. Lo spazio locale progressivamente si è elevato a punto di incontro importantissimo tra le leggi del mercato e la regolamentazione sociale.
Questa inversione di rotta si è avuta appieno negli anni settanta con l’esperienza della Terza Italia. Quel Centro-Nord-Est che seppe trarre dalle caratteristiche del contesto locale le energie vitali per la crescita. Grandi dinamismi che aprirono le porte alla possibilità di mettere in piedi un modello di sviluppo tutto nuovo. Un modello made in italy che in parte si configurava anche come una possibile soluzione ai mali del capitalismo nostrano. Un modello che trovò nei distretti industriali colonne importanti dove appoggiarsi.
Il punto di arrivo ormai acclarato di questa storia è che non si può più ignorare che ogni forma di iniziativa economica si svolge in un determinato spazio, con le sue peculiarità, con le sue risorse, con le sue tradizioni istituzionali e politiche. Lo “sviluppo locale” oggi è a pieno titolo un modello, un paradigma, che non solo merita rispetto ma che può all’occorrenza tornare utile a tutti quei territori che possiedono delle potenzialità ma che hanno perso smalto e hanno bisogno di tornare a fare sistema.
Il capitale sociale
In economia con il concetto di capitale ci si riferisce a uno stock di risorse utilizzabili per produrre beni e servizi; se si parla di capitale finanziario si intende un ammontare di mezzi monetari, mentre il capitale fisico è rappresentato dagli impianti, macchine, ecc.. Un ulteriore allargamento del concetto ci è dato dal “capitale sociale” ovvero quella risorsa che favorisce l’agire e “che non è depositata né negli individui né in mezzi di produzione, ma intrinseca alla struttura di relazioni fra due o più persone” (Coleman 1990, p. 302).
Per Fukuyama (1996) il capitale sociale è la capacità degli uomini di lavorare per fini comuni: l’efficienza economica si raggiunge là dove le persone lavorano bene insieme sulla base di valori condivisi. E tutto questo è vincolato al concetto di fiducia reciproca, cioè all’aspettativa di comportamenti prevedibili, corretti e cooperativi da parte degli altri. Fiducia e capacità cooperativa dipendono dalla volontà di mettere da parte l’interesse individuale a favore di quello del gruppo.
Le dotazioni di capitale sociale variano da società a società e, in particolare, la fiducia è funzione di diversi codici etici che affondano le proprie radici nelle differenti culture della famiglia che possono rivelarsi, nell’ambito dell’agire economico, un elemento significativo per la nascita di piccole imprese di successo.
Il capitale sociale possiede i caratteri tipici di un bene pubblico in quanto non alienabile e non di proprietà delle persone che da esso ne traggono benefici. È prodotto dalle relazioni di autorità, di fiducia e dalle norme in generale, e può perdere (o acquistare) la sua efficacia al semplice mutare anche di uno dei fattori precedentemente citati. Per gli attori si materializza nell’insieme delle relazioni in cui questi sono inseriti.
Secondo Putnam differenti rendimenti istituzionali, nonché differenti livelli di sviluppo economico, dipendono proprio dalle diverse dotazioni di capitale sociale. Le differenze di contesto producono differenze nel funzionamento delle istituzioni, anche se queste hanno lo stesso assetto. Più in generale “sia gli stati che i mercati operano in modo più efficace se il contesto ha una ricca tradizione civica” (1993, p. 214).
Pertanto, il capitale sociale, pur non rappresentando una condizione sufficiente per avere sviluppo, è una sorta di acceleratore utile a quelle comunità locali capaci di mettere insieme le abilità tecnico-scientifiche con le istituzioni politiche e il mondo del credito.
Conclusioni
Le sfide che pone l’attuale mondo globale sono tante. L’iper-connessione di tutti con tutto non è facile da gestire per i piccoli territori che spesso finiscono col soffrire questa situazione. Le questioni sul tavolo sono ormai molto complesse, colme di variabili (spesso sfuggenti) ed è oggettivamente sempre più difficile comprendere quali scelte fare per salvaguardare, difendere e/o potenziare una determinata area con le sue peculiarità.
In questo scenario le strategie di sviluppo locale possono essere una buona chance a cui aggrapparsi. E questo nella consapevolezza che nella nostra contemporaneità o si diventa un nodo di un network che raggruppa specifiche peculiarità potenzialmente utili al Sistema socio-economico, o in modo più ambizioso si prova a diventare qualcosa di più di un nodo di un network, o si è fuori dai giochi. Questa è la cruda realtà. Le opportunità non vanno a cercare nessuno. Bisogna costruirsele.
In un’era dove il digitale detta tempi, metodi e modi, quello che resiste alle pressioni del mondo non è quello che abbiamo nascosto al mondo ma quello che abbiamo aperto al mondo e lasciato che si trasformasse con esso.
“Il futuro appartiene a coloro che credono nella bellezza dei loro sogni” (Roosvelt)
Bibliografia
Agenzia Umbria Ricerche
2019 AUR&S 17, rivista Aur
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