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Giuseppe Coco
Agenzia Umbria Ricerche

PIL, investimenti e punti interrogativi

6 Mag 2020
Tempo di lettura: 3 minuti

Il COVID 19 che ci attanaglia sta significando sofferenza, rabbia, malinconia, senso di solitudine, di impotenza. In pratica tante emozioni per le difficoltà sanitarie che ci atterriscono.

Emozioni che ogni mattina ci portano a cercare nella rassegna stampa, in modo più o meno dissimulato o scaramantico, la notizia delle notizie ovvero che la scienza abbia sconfitto il virus. Emozioni collegate alle pieghe che prenderà a livello mondiale, nazionale e regionale il PIL; grandezza economica con cui, ci piaccia o no, dobbiamo fare i conti. E da analisti delle scienze economico-sociali è quello uno dei fronti con cui quotidianamente ci confrontiamo.
Lo sforzo di questi giorni è capire quanto ci costa questo virus e al tempo stesso quali contromosse mettere a punto per provare a minimizzare i danni economici che sta facendo.
Su questa lunghezza d’onda, l’obiettivo del presente contributo è provare a vedere cosa potrebbe significare dare il via a massicci investimenti in opere infrastrutturali strategiche per il Paese. Bene. Prima di fare questo guardiamo in faccia, seppure in una versione ultra semplificata, ad una delle possibili formule del PIL.

Osservandola attentamente e affidandoci per il momento principalmente all’istinto e all’esperienza cerchiamo di mettere a fuoco, in modo semplice, quale può essere il trend nel futuro prossimo di ognuna delle singole voci del PIL.

Come si può notare, sulla parola investimenti sono stati messi diversi punti interrogativi ai quali, con un po’ di pazienza, proveremo a dare un volto.
Innanzitutto se verrano operati massicci investimenti pubblici in infrastrutture strategiche alcuni degli effetti potranno essere quelli riportati nella infografica che segue.

Qualche precisazione rispetto all’infografica.
1. Viene sottolineata la parola “strategiche” in merito alle infrastrutture da realizzare in quanto le opere inutili, o se si preferisce le cattedrali nel deserto, contribuiscono al sostegno dei redditi, dei consumi, ecc., limitatamente al periodo in cui le si realizza. In prospettiva sono un fardello improduttivo, a volte anche un problema ambientale. E di fatto soffrono della stessa patologia del miope: vedono solo da vicino.
Al contrario, ammodernando con opere strategiche il nostro Paese in modo da tirarlo a nuovo e farlo diventare più bello e attraente (che mai), in prospettiva non può che essere un grosso vantaggio economico. L’essere attraenti in economia significa moltissimo in quanto va ad alimentare il “grande gioco” delle aspettative economiche.
2. Tutto il discorso appena fatto risente della teoria del moltiplicatore Keynesiano che – in modo molto sintetico – ci ha insegnato che gli investimenti (ma la stessa cosa vale per le altre voci che compongono il PIL – si veda la formula iniziale) se crescono possono avere un effetto moltiplicatore positivo sul PIL. Ovviamente se decrescono possono avere anche l’effetto inverso e quindi negativo.
In pratica il moltiplicatore di Keynes lega il PIL alle sue componenti e ci spiega come questo varia quando variano le sue componenti. E ci apre al fatto che il PIL può variare in misura maggiore rispetto alla variazione delle sue componenti perché viene ad innescarsi un processo che va ad amplificare l’effetto iniziale.
Certo, per correttezza intellettuale, va anche sottolineato – senza voler entrare in dispute tra economisti – che dalla storia economica si evince che il moltiplicatore keynesiano non sempre risulta essere molto efficace. Qualcuno a questo punto potrebbe iniziare a pensare che chi scrive si è dimenticato dei punti interrogativi vicini alla parola investimenti della seconda infografica. In realtà no. La questione di fondo è che l’Italia è un Paese strano, tanto bello quanto birichino. A queste latitudini non basta mettere sulla casella “investimenti” una massiccia dose di denaro per far assumere al PIL un trend positivo.
Basti pensare, giusto per fare un esempio, al fatto che la nostra burocrazia negli anni si è consolidata come freno potente. E quindi, rimanendo nell’esempio della burocrazia, se per gli investimenti ci si avvale dello schema operativo utilizzato per la cantierizzazione del “ponte Morandi” di Genova è un conto, altrimenti è un altro, come ci insegna il terremoto del Centro Italia del 2016/17, e i punti interrogativi rimangono là dove sono.

Qualche giorno addietro parlando con Siri, ma non ricordo cosa gli avessi chiesto, mi ha lasciato di stucco rispondendomi: “Capire è difficilissimo, farsi capire è una smisurata ambizione”.

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