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Elisabetta Tondini
Agenzia Umbria Ricerche
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Mauro Casavecchia
Agenzia Umbria Ricerche

Cresce la produttività dell’Umbria nel 2022

Un importante segnale in controtendenza dopo anni di flessione.
Il ruolo propulsivo degli investimenti legati al PNRR e ai fondi europei

25 Mar 2024
Tempo di lettura: 7 minuti
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Come già di recente analizzato in un altro focus dell’Aur (cfr. “Le conseguenze economiche dell’inverno demografico in Umbria”), se la produttività non cresce le dinamiche demografiche rischiano di compromettere la capacità futura dell’Umbria di sostenere una produzione di redditi adeguata.

Dunque, l’incremento della produttività continua a rimanere uno degli obiettivi principali da perseguire, non solo in Umbria, visto che da decenni costituisce il vero nodo della competitività nazionale.

Nel lungo periodo (1995-2022), la produttività del lavoro della regione ha subito una flessione secca del -13,4% (contro il +2,2% nazionale), seguendo un ritmo reale medio del -0,5% annuo (0,1% in Italia). Il livello umbro, che negli anni Novanta superava ancora quello del Paese, a partire dal nuovo millennio si è portato al di sotto, allontanandosene progressivamente almeno fino al 2014. Negli anni seguenti il divario è rimasto pressoché stazionario.

Nel 2022, l’ultimo anno per cui l’Istat fornisce i dati di contabilità territoriale (per quanto ancora provvisori), l’Umbria registra un aumento in termini reali del 2,9% (Italia 1,9%), riportando il livello a 88,7 (con Italia=100), per una forbice di 11,3 punti. È la distanza più piccola dell’ultimo decennio: bisogna infatti andare indietro al 2013 per trovare un valore leggermente più alto (88,8).

È un dato indubbiamente interessante, da valutare e approfondire.

Cosa è dunque successo nel 2022?

L’aumento della produttività in Umbria sarebbe derivato da una crescita reale del valore aggiunto – seppure inferiore a quella nazionale – accompagnata da una riduzione degli occupati interni, in controtendenza all’aumento verificatosi in Italia [1].

“L’aumento della produttività in Umbria sarebbe derivato da una crescita reale del valore aggiunto accompagnata da una riduzione degli occupati interni”

La combinazione di questi fenomeni ha determinato una riduzione del divario tra la produttività umbra e quella nazionale. Su questa dinamica potrebbe aver avuto un ruolo anche il riavvicinamento ai livelli nazionali della dotazione degli investimenti per occupato, che dal 2019 al 2021 (ultimo dato disponibile) passa da 87 a 90 (Italia = 100). Lo sforzo di incrementare la dotazione capitalizia nella regione si evince anche dall’incremento reale degli investimenti fissi lordi, che in Umbria nel 2021 ha toccato il 14,8% (in Italia 11,2%) rispetto all’anno precedente.

È ovviamente ancora presto per affermare che si stia assistendo a un processo consolidato di recupero dei livelli di produttività nella regione, vista anche la provvisorietà e l’incompletezza dei dati disponibili. Certo è che siamo entrati in una stagione straordinaria di interventi finanziari finalizzati al rafforzamento della competitività territoriale: oltre al PNRR – che, includendo le grandi opere interregionali che toccano in qualche modo l’Umbria e compresi i cofinanziamenti nazionali e regionali, il PNC, il PNC area sisma e il PNRR Sanità, mobiliterà oltre 5,5 miliardi di euro – sono stati stanziati i fondi europei del nuovo ciclo di programmazione 2021-2027, con una dotazione di 523,7 milioni di euro per il FESR e 289,7 milioni di euro per il FSE+, ed è stato sottoscritto l’Accordo che assegna all’Umbria oltre 210 milioni di euro (dei quali 61 di cofinanziamento regionale per i fondi strutturali) del Fondo per lo sviluppo e la coesione.

“Siamo entrati in una stagione straordinaria di interventi finanziari finalizzati al rafforzamento della competitività territoriale”

Una mole di risorse mai sperimentata in precedenza, da spendere in un lasso di tempo molto concentrato che, si auspica, dovrebbe portare i suoi frutti. In particolare proprio sul versante della produttività.

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