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Elisabetta Tondini
Agenzia Umbria Ricerche
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Mauro Casavecchia
Agenzia Umbria Ricerche

Dinamiche economiche dell’Umbria

15 Gen 2024
Tempo di lettura: 3 minuti

Secondo i più recenti dati diffusi dall’Istat (21 dicembre 2023) il tasso di crescita reale del Pil dell’Umbria nel 2022 si sarebbe attestato al +1,3 per cento (3,7 per cento Italia). Si tratta di un dato inatteso, in quanto tutti i principali osservatori avevano previsto un incremento in quell’anno allineato a quello nazionale: Banca d’Italia 3,6 per cento e Prometeia 3,9 per cento; anche l’AUR aveva stimato un tasso di crescita del 3,4 per cento. L’Istat specifica, tuttavia, che si tratta di stime “preliminari” che potranno essere soggette ad “ampie revisioni”. E l’errore statistico, inversamente proporzionale alle dimensioni del territorio di riferimento, potrebbe essere consistente nel caso dell’Umbria. Di fatto anche il dato relativo al 2021 – ancora “semi-definitivo” – è stato ritoccato al rialzo, per cui la variazione reale rispetto all’anno precedente per l’Umbria è salita al 7,9 per cento (8,3 per cento per l’Italia). Ad ogni modo, stanti queste stime:

·       la spesa per consumi delle famiglie sarebbe cresciuta dal 2021 al 2022 del 4,6 per cento (6,1 per cento in Italia), segnando dunque un rallentamento rispetto all’anno precedente, in controtendenza rispetto alla dinamica nazionale;

·       sia i Redditi da lavoro dipendente sia il Reddito disponibile delle famiglie consumatrici sarebbero aumentati nominalmente entrambi del 4,0 per cento (in Italia 6,9 per cento e 5,4 per cento rispettivamente);

·       l’Umbria continuerebbe a collocarsi in termini di Pil per abitante quale ultima regione del Centro-Nord. E l’analisi di lungo periodo evidenzierebbe un ampliamento della distanza Umbria-Italia che, nel 2022, finirebbe per attestarsi a 14,5 punti in meno dal 100 nazionale;

·       infine, dal punto di vista occupazionale, i dati di contabilità territoriale prefigurano una performance al 2022 (-1,7 per cento Umbria, +1,7 per cento Italia) più negativa rispetto a quella emersa dalla Rilevazione sulle forze lavoro. È pur vero che le due fonti Istat non sono confrontabili, tuttavia la RCFL aveva attestato per quell’anno una diminuzione in Umbria di -0,6 per cento (+2,4 per cento per l’Italia).

Sul fronte settoriale il valore aggiunto registrerebbe i seguenti principali fenomeni:

·       una lieve perdita nell’industria in senso stretto, seguendo sostanzialmente l’andamento nazionale (-0,5 per cento Umbria, -0,2 per cento Italia);

·       un andamento delle costruzioni in controtendenza rispetto all’Italia, per una flessione del 4,3 per cento (quando invece in Italia la crescita è stata del 10,1 per cento); si tratterebbe di un fenomeno di rimbalzo, visto che l’anno precedente le costruzioni nella regione erano cresciute del 25,6 per cento (20,6 per cento Italia);

·       una crescita del terziario a tassi più contenuti di quelli nazionali: commercio, TLC, alberghi e pubblici esercizi 5,9 per cento (8,8 per cento Italia); attività finanziarie e professionali 0,1 per cento (2,7 per cento); PA e altri servizi 0,5 per cento (1,8 per cento).

Date queste dinamiche e considerato il peso dei diversi settori sull’economia umbra, si può dire che il contributo maggiore (pari a 1,3 per cento) alla crescita del valore aggiunto sarebbe attribuibile al settore del commercio, mentre l’industria e soprattutto le costruzioni avrebbero contributo negativamente (rispettivamente con -0,1 per cento e -0,3 per cento).

Infine, nel 2022 la produttività del lavoro umbra sembra registrare un diffuso riavvicinamento ai livelli nazionali rispetto alla situazione dell’anno precedente: nel complesso, fatto 100 il dato italiano, la regione si porta mediamente da 87,4 a 88,7, come risultato di diverse situazioni settoriali che vanno dal settore delle costruzioni, praticamente allineato al dato nazionale, a quello del commercio, TLC, alloggio, ristorazione che presenta, all’opposto, la forbice più ampia.

 

(Tratto dalla Relazione economico sociale 2024)