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Odoardo Bussini
Già docente di demografia Università degli Studi di Perugia

La questione demografica: una visione d’insieme

15 Apr 2021
Tempo di lettura: 3 minuti

È noto che i fenomeni demografici sono in stretta interrelazione con i fenomeni economici e sociali, nel senso che i primi influenzano l’andamento dei secondi e, a loro volta, ne sono influenzati. Particolarmente stringente è l’interrelazione tra crescita demografica e crescita economica. La popolazione europea ha registrato il maggior incremento tra la metà del secolo XIX e gli anni sessanta del Novecento, in coincidenza del crescente sviluppo economico. D’altro canto, ciò si è verificato per la presenza di una struttura demografica assai giovane che forniva in abbondanza la mano d’opera necessaria.
In Italia, nell’ultimo cinquantennio, si sono verificati importanti mutamenti demografici. Verso la fine degli anni settanta è iniziata la riduzione della fecondità che ha innescato il processo di invecchiamento negli anni novanta – producendo una dinamica naturale negativa – e la crescita successiva della popolazione italiana è dovuta esclusivamente a un intenso saldo migratorio positivo per l’apporto massiccio dell’immigrazione dall’estero. La crescita prosegue fino al 2014 quando si raggiunge il massimo con 60,8 milioni e in seguito si verifica, per la prima volta, una netta inversione di tendenza con una regressione progressiva negli anni successivi che ridimensiona la popolazione residente a 60,4 milioni al 1 gennaio 2019 e a 59,6 all’inizio del 2020. Poi, nel corso dell’anno passato, il forte aumento dei decessi dovuto al Covid-19, l’ulteriore riduzione delle nascite (anche per il quasi dimezzamento dei matrimoni), e la diminuzione dei flussi migratori dall’estero hanno fatto scendere l’ammontare di popolazione a 59,2 milioni.
Tali trasformazioni demografiche hanno evidenti implicazioni sociali, economiche e politiche, con conseguenze che devono richiamare l’attenzione dell’intera società italiana, soprattutto perché il declino demografico è destinato a durare e a intensificarsi nel futuro. Ecco, quindi, che la questione demografica torna prepotentemente alla ribalta.
Non deve preoccupare troppo la perdita complessiva di popolazione, quanto l’aumento degli squilibri demografici differenziali. Le trasformazioni della struttura per età producono, infatti, squilibri generazionali che costituiscono un freno alla crescita economica e alla sostenibilità del sistema di welfare del nostro paese. Le conseguenze saranno particolarmente negative nell’ambito della previdenza sociale (dove meno giovani e adulti dovranno sostenere un crescente numero di anziani), nel mercato del lavoro (per la riduzione della popolazione attiva), nell’assistenza sanitaria (per il rischio di maggiore disabilità e d’incremento dei costi, in virtù della forte crescita degli ultraottantenni), dei consumi, eccetera.
Rispetto alla situazione nazionale, il quadro demografico dell’Umbria è più preoccupante. Intanto la perdita demografica è iniziata già dal 2014. Secondo le stime recentemente avanzate da Luca Calzola su questo sito (tinyurl.com/y7p829an) il bilancio negativo della popolazione regionale è destinato ad aumentare: nel 2020 (anche a causa della pandemia) la perdita complessiva sarebbe di 4.000 unità che farebbe scendere l’ammontare a fine anno a circa 866 mila abitanti, rispetto agli 897 mila del 2014, con una diminuzione di 31.000 unità in soli sei anni.
Appare chiaro che se non ci sarà presto una forte ripresa economica il degrado demografico è destinato inevitabilmente a prosperare, provocando un aggiuntivo forte invecchiamento e un’ulteriore riduzione delle fasce di popolazione più giovani. Purtroppo, però, in Umbria il declino demografico si affianca a un declino economico assai marcato rispetto ad altre regioni italiane. Al momento della crisi economica del 2008 il PIL regionale era di 5 punti inferiore alla media nazionale, oggi – in piena crisi pandemica – è di 15 punti e ciò allontana, quanto meno in termini temporali, l’avvento di una ripresa economica in grado di risollevare anche il quadro demografico.
Cosa si potrebbe fare? Conviene rimandare il discorso ad un prossimo intervento quando si affronterà il ruolo che le politiche di popolazione possono svolgere per ridurre la marcata denatalità degli ultimi anni.

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