Focus
Elisabetta Tondini
Le basse remunerazioni del lavoro in Umbria: caratteri, cause, implicazioni
Le buone notizie dal mercato del lavoro, che ha visto una crescita degli occupati umbri nei primi nove mesi del 2023 maggiore di quella su base nazionale, vengono offuscate rovesciando la medaglia: nella regione i dipendenti privati continuano a guadagnare meno che in Italia. Un aspetto, questo, che per la sua rilevanza si è scelto di trattare ampiamente nell’ultima edizione della Relazione economico sociale realizzata da AUR, di prossima uscita, le cui Anticipazioni sono state presentate il 14 dicembre scorso in Conferenza stampa alla presenza della Presidente della Regione Donatella Tesei.
“In Umbria retribuzioni più basse: un elemento strutturale” |
Che in Umbria si guadagni meno rispetto alla media del Paese non è un fatto nuovo, anzi, è ampiamente noto, è strutturale, radicato nei caratteri che hanno forgiato lo sviluppo della regione.
Come pure noto è il fatto che la retribuzione del lavoro alle dipendenze derivi dalla interazione di molte variabili: dalla qualifica, dal tipo di contratto (a termine o a tempo indeterminato, full o part-time), dalla durata (se a termine o stagionale e, comunque, dalle giornate retribuite), e poi dal genere, dall’età, dall’anzianità contributiva, dagli assetti produttivi – settori di appartenenza e soprattutto specializzazione all’interno della filiera – e, ancora, da elementi di tipo ambientale che coinvolgono il management e l’organizzazione del lavoro, il territorio di appartenenza, il livello di sviluppo dello stesso.
Dunque, se un primo confronto territoriale effettuato sul livello retributivo medio annuo calcolato sul totale dei lavoratori risente, da un lato, della forte eterogeneità delle singole situazioni, dall’altro si rivela un’operazione comunque efficace perché dà conto di quanto il territorio restituisce mediamente nell’anno a chi vi lavora nel privato. In estrema sintesi, nel 2022, in Umbria la retribuzione media dei lavoratori privati extra-agricoli è stata pari a 22.222 euro, a fronte dei 22.839 euro nazionali[i].
“Il lavoro in Umbria è a minore presenza di figure high profile“ |
La composizione per qualifiche, schiacciate in Umbria verso il basso, influisce certamente sul dato complessivo. Tuttavia, un’analisi per singoli profili mostra una diffusa penalizzazione per la regione che, a partire dagli impiegati, aumenta al salire della scala gerarchica. Dunque, in Umbria impiegati, quadri, dirigenti guadagnano mediamente (anche molto) meno rispetto ai colleghi italiani di pari qualifica. Ma si tratta ancora di dati eterogenei al loro interno (per durata del periodo lavorato, tipo di contratto, etc.).
Un’analisi effettuata sui soli lavoratori standard (quelli impiegati a tempo indeterminato, full-time, retribuiti per l’intero anno) rivela un’accentuazione del divario territoriale. In questo sottoinsieme più omogeneo (che interessa i due quinti del totale dei lavoratori, in Umbria come in Italia) si scopre infatti che la retribuzione media annua nella regione è risultata pari a 30.872 euro e quella nazionale a 37.360 euro, per un delta complessivo secco di -17,4 per cento. Tale distanza, minima in corrispondenza degli apprendisti e massima tra i dirigenti, depurata dalla composizione per qualifiche, fa scendere il differenziale medio territoriale a -11,0 per cento. È una conferma che, ceteris paribus, in Umbria si guadagna comunque meno che in Italia.
Tale divario non sembrerebbe derivare dalla specializzazione settoriale: lo svantaggio retributivo umbro si ritrova in ciascuno dei macrosettori considerati nell’analisi. È massimo in corrispondenza dei servizi avanzati e negli “altri servizi” e anche nell’industria in senso stretto, ove la regione presenta una concentrazione di lavoro (oltre che di reddito prodotto) più elevata che in Italia. L’Umbria, più operaia e più industriale rispetto alla media del Paese, sconta ancora una specializzazione all’interno delle filiere a scarso presidio di segmenti qualificati e una organizzazione del lavoro troppo poco propensa a investire sulle alte qualifiche; d’altra parte, anche il terziario locale è molto meno strutturato, organizzato e a minor contenuto di innovazione rispetto a quello su scala nazionale, a discapito della produttività.
Se è vero che a deprimere verso il basso il livello medio annuo delle retribuzioni del lavoro standard interviene una struttura del lavoro a minore presenza di figure high profile (e questo vale in ciascun settore), in un’articolazione congiunta settori/qualifiche, che rileva gap retributivi diffusamente sfavorevoli per la regione rispetto al dato nazionale, gli scarti retributivi Umbria/Italia si amplificano salendo nella scala gerarchica. Divari particolarmente ampi si evidenziano tra i dirigenti e i quadri che operano in taluni servizi (anche tradizionali) e nelle costruzioni. All’opposto, l’unico vantaggio retributivo per la regione si presenta solo tra i quadri e i dirigenti che lavorano nel settore istruzione, sanità, assistenza sociale.