Focus
Elisabetta Tondini
Mauro Casavecchia
L’importanza di essere competitivi
Non bisognerebbe confrontarsi con gli altri, dicono gli psicologi, perché uccide l’autostima. Soprattutto quando si sa di essere debolucci e di avere a che fare con concorrenti molto forti. Ma può fornirci indicazioni preziose su dove e come migliorare.
La recente graduatoria delle regioni stilata dalla Commissione europea che ha aggiornato per il 2019 (la quarta volta dal 2010) il suo Indice di Competitività Regionale consegna uno scenario non proprio brillante per l’Umbria. La regione si piazza difatti al 184° posto, tra le 268 regioni europee, con 43 punti, uno score appena superiore al mediocre risultato nazionale: tutte le regioni italiane si posizionano al di sotto della media europea, tra la Lombardia, prima della pattuglia con 57 punti ma 145esima in Europa e la Calabria, ultima con soli 18 punti e 244esima nella classifica. E il lieve guadagno in punteggio dell’Umbria rispetto al 2016 non basta ad evitarle un ulteriore slittamento nella graduatoria.
Ma quando l’Unione europea parla di competitività territoriale che cosa intende? Intende la capacità delle singole regioni di garantire un ambiente attrattivo e sostenibile per le aziende e per le persone che in questi stessi territori vivono e lavorano. La sintesi di un concetto molto complesso che ribadisce l’importanza dei caratteri dei luoghi per lo sviluppo socio-economico.
Di fatto, la competitività di un territorio è strettamente correlata alla sua attitudine ad attrarre persone, capitali, investimenti, attività produttive e a mantenere tali risorse nel lungo periodo. Dipende fortemente dalla capacità di far circolare flussi di informazioni, tecnologie, capitali, cultura, idee e il grado di attrattività non discende dall’azione delle componenti prese singolarmente, ma è il risultato del loro agire interrelato, sistemico, integrato. Cosa rende un luogo competitivo, dunque? Un insieme eterogeneo di risorse, materiali e intangibili, quali la dotazione di infrastrutture fisiche, di insediamenti innovativi, di servizi qualificati, di risorse scientifiche e tecnologiche e poi la facilità di accesso al credito, la qualità del sistema formativo, il know how diffuso ma anche sistemi di welfare efficienti, la presenza di una buona offerta culturale, ambientale, ricreativa e di risorse umane qualificate, in generale una buona qualità della vita.
In generale, l’Umbria (come anche l’Italia), dovrebbe recuperare quasi un terzo di competitività complessiva per raggiungere il livello medio europeo (pari a 60).
La regione mostra la maggiore debolezza sul versante degli indici Basilari, che restituiscono il profilo competitivo relativo a temi fondamentali quali: il funzionamento delle istituzioni, la stabilità macroeconomica, la dotazione infrastrutturale viaria, lo stato di salute della popolazione, l’istruzione di base. In questo variegato ventaglio, il risultato pessimo sul fronte istituzioni (per cui raggiunge solo 13 punti su 100) viene ampiamente recuperato dal lato salute e benessere della popolazione, per cui l’Umbria si distingue con 87 punti, guadagnando il 20° posto nella graduatoria a 268. Alla penalizzazione umbra relativa al profilo di base contribuisce naturalmente la scarsa dotazione infrastrutturale viaria che, con 26 punti, colloca la regione al 200esimo posto.
Riguardo la dimensione dell’Efficienza, l’Umbria si distingue per essere più vicina alla media delle regioni UE relativamente alla dimensione del mercato e, quanto all’istruzione superiore e apprendimento permanente, seppure un po’ distante dalla media UE, supera ampiamente il non soddisfacente livello italiano.
Per ultimo, relativamente all’aspetto Innovazione è interessante segnalare l’allineamento alla media europea relativamente al pilastro qualificazione imprenditoriale, quello che attiene sostanzialmente all’importanza – in termini di occupazione e valore aggiunto – delle attività di informazione e comunicazione e di quelle finanziarie. Quanto invece alla predisposizione tecnologica, ovvero al livello di penetrazione tra famiglie e imprese delle nuove tecnologie, l’Umbria (ma anche l’Italia) presenta ancora un ampio gap da colmare.
Il prossimo indice di competitività sarà predisposto nel 2022. Tre anni non sono molti, se si pensa al nodo infrastrutturale; possono però essere sufficienti per migliorare gli elementi più facilmente aggredibili, che avrebbero ricadute positive a cascata su tutto il sistema. Comunque la si legga, ci attende una sfida impegnativa.