Focus
Elisabetta Tondini
I legami dell’Umbria con le economie esterne e la forza propulsiva dell’export
La capacità di operare su scala internazionale, in primis attraverso l’export, ha da sempre rappresentato un elemento determinante per la tenuta e la competitività delle imprese italiane. Aprirsi a nuovi mercati offre nuove opportunità di espansione della propria attività e una diversificazione del rischio aziendale. Non è casuale che le imprese più solide e performanti siano anche quelle a maggiore vocazione esportativa.
Se trasliamo questo concetto da una visione micro a una macro, si può dire la stessa cosa per un territorio.
I flussi dell’Umbria con l’esterno
L’Umbria, come tutte le piccole regioni, è fortemente dipendente dalle economie esterne, soprattutto da quelle delle altre regioni italiane.
“L’Umbria è fortemente dipendente dalle economie esterne, soprattutto da quelle delle altre regioni italiane. Nel 2021 il saldo netto dell’import è pari al 10,7% del Pil” |
Nel 2019, i flussi verso l’esterno hanno rappresentato il 67% del Pil, quelli provenienti dall’esterno il 74%. Degli oltre 15 miliardi di euro di fatturato realizzato per acquisti di beni e servizi umbri effettuati da fuori regione, il 29% sono di origine estera, un punto in meno della quota estera sulla spesa complessiva umbra per importare beni e servizi utilizzati per la produzione e per consumi finali (pari in quell’anno a quasi 17 miliardi di euro).
Considerando, nello specifico, i soli flussi verso l’esterno, l’articolazione per destinazione dei principali beni commercializzati fuori dall’Umbria evidenzia come la quota di fatturato realizzato per vendite oltre i confini nazionali sia relativamente e diffusamente ridotta. Fa eccezione il settore dei macchinari e apparecchi, per cui il 76% dei prodotti commercializzati fuori regione va all’estero. Inoltre, più della metà dei flussi in uscita è utilizzata dalle altre regioni italiane per usi intermedi, ovvero entra nel ciclo delle loro produzioni (è il caso dei metalli e dei prodotti in metallo, delle sostanze e prodotti chimici, dei prodotti alimentari, bevande e tabacco), mentre una quota residuale è destinata a usi finali.
La dipendenza dall’esterno
La dipendenza dall’esterno è sintetizzabile dal saldo import-export, il quale assume un valore positivo (cioè, si importa più di quanto si esporti) laddove il Pil prodotto entro la regione non è sufficiente per far quadrare il conto risorse e impieghi: in altre parole, la domanda complessiva (sia interna che esterna) supera quanto prodotto internamente.
È una caratteristica delle regioni più piccole e/o più deboli. Il grado di dipendenza economica dell’Umbria, nel 2021 pari al 10,7%, è in tendenziale aumento.
L’importanza dell’export
La domanda estera rappresenta un potente fattore propulsivo per l’economia di un territorio e, all’occorrenza – quando ad esempio la domanda interna è stagnante o in calo –, può diventare un ammortizzatore di importanza strategica: negli anni successivi alla grande crisi finanziaria l’export si è rivelato una fonte di impulso fondamentale per l’economia italiana – e in particolare quella di talune regioni come Toscana e Marche – in quanto unica componente che ha tamponato il brusco calo di domanda interna (spesa per consumi finali delle famiglie e investimenti). Invece l’Umbria, che pesa sull’export italiano per neanche l’1% (quando invece in termini di Pil la quota si aggira intorno a ormai l’1,24% – ma è stata anche l’1,43% – e in termini di popolazione intorno all’1,45%), in quegli anni ha subito più di altre aree una forte caduta, che si è trascinata per molto tempo e di cui ancora pesano le conseguenze, proprio perché non ha potuto contare su un opportuno, significativo sostegno da parte della domanda estera.
“La domanda estera rappresenta un potente fattore propulsivo per l’economia di un territorio e, all’occorrenza può diventare un ammortizzatore di importanza strategica” |
D’altro canto, proprio perché l’export non costituisce una componente quantitativamente rilevante come lo è invece per altre regioni, l’esposizione dell’Umbria agli shock esterni da domanda mondiale è relativamente bassa. Dunque, se nelle fasi espansive non riesce a beneficiare appieno dell’impulso proveniente dalla domanda estera, da questo punto di vista diventa meno vulnerabile di altre.
Un punto di debolezza che può rivelarsi un punto di (relativa) forza? Neanche questo si può dire: l’alta concentrazione nei segmenti intermedi della filiera produttiva rende il microcosmo manifatturiero umbro parte di un sistema di relazioni con l’esterno fortemente interconnesse, dunque assai vulnerabile alla dinamica del commercio mondiale, oltre che al più generale andamento economico delle altre regioni. In ragione di ciò, interruzioni di singoli anelli della catena produttiva e commerciale possono mettere in seria difficoltà il funzionamento dell’intero sistema locale.