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Francesco Gatti
Presidente Fondazione POST
Museo della Scienza di Perugia

I musei regionali alla prova della pandemia

1 Feb 2021
Tempo di lettura: 4 minuti

SARS-CoV-2 ha modificato radicalmente le nostre abitudini. Siamo stati indotti a fare a meno degli alimenti con i quali nutrivamo il nostro spirito: siamo stati costretti a dimenticare la sensazione che si prova varcando la soglia di un museo, l’emozione che ci assale davanti ad un’opera d’arte, l’incontenibile commozione che ci travolge a volte di fronte ad uno spettacolo cinematografico, il silenzio con cui impotenti assistiamo alla passione che sgorga da un attore sul palco di un teatro.
A  causa della pandemia, dall’8 marzo 2020, accanto a pesanti misure restrittive delle libertà costituzionali, sono state adottate altre iniziative tese a contenere il contagio da “Coronavirus”, e che hanno sospeso, tra l’altro, l’erogazione dei servizi museali e l’apertura delle mostre fino al 15 gennaio 2021: con la sola parentesi del periodo tra il 18 maggio 2020 e il 5 novembre 2020 (in cui, dati alla mano, ha riaperto solo il 10% dei musei) ai luoghi della cultura italiani e ai musei italiani, DPCM su DPCM, è stato inibito di fare ciò per cui sono stati fondati, finanziati, arricchiti non solo economicamente, e la ragione stessa della loro esistenza: essere aperti al pubblico.
Questa azione ha creato diffuso malcontento, soprattutto alla luce del fatto che non sono mai stati effettuati studi specifici che analizzassero, e dimostrassero, la diffusione del contagio dell’infezione nei musei, anche a fronte del minor rigore usato nei confronti di altre realtà (attività commerciali, di ristorazione etc…).
Come noto, nella Regione Umbria (dati ISTAT sui musei, Anno 2020) sono presenti 170 tra musei, aree archeologiche e complessi monumentali, di cui 13 statali e 157 non statali, in gran parte appartenenti a comuni (55,6%). Di questi, 53 hanno meno di 1.000 visitatori l’anno, 68 meno di 10.000, e 41 meno di 100.000. Ci troviamo di fronte, quindi, ad una serie di realtà piccole e medie, che però hanno un significativo influsso sul turismo regionale, atteso che, per l’indagine statistica Banca d’Italia-Eurosistema dell’anno 2019, quasi il 40% dei visitatori si reca nella nostra regione per scopi culturali.
In questo quadro generale, si è inserita una sovrapposizione di disposizioni normative non sempre armonica e coerente; infatti, dall’inizio della pandemia sono state promulgate – in tema – 13 leggi, approvati 23 decreti-legge ed emanati ben 21 decreti del Presidente del Consiglio dei Ministri. La scelta di usare atti amministrativi e non atti aventi forza di legge, per certi versi imposta dai repentini mutamenti della situazione epidemiologica e per altri comunque coperta dall’art. 3 del decreto-legge n. 6/2020 (convertito in legge n. 13/2020) ha, nondimeno, attirato critiche anche autorevoli, sia per aver privato il Parlamento del suo fondamentale ruolo di indirizzo politico e legislativo che per essersi mossa sul filo della violazione della riserva di legge presente in Costituzione in certe materie.
Nell’ambito dell’erogazione dei servizi museali, il governo Conte “bis” ne ha dapprima disposto ex abrupto la sospensione ad opera dell’articolo 1, I comma, lettera “l” DPCM 8 marzo 2020, misura via via prorogata, ne ha poi assentito l’apertura grazie all’art. 1, I comma, lettera “p” DPCM 17 maggio 2020, ne ha nuovamente disposto la sospensione con l’art. 1, IX comma, lettera “r” DPCM 3 novembre 2020 (il cui contenuto è stato replicato dal DPCM 3 dicembre 2020), fin quando, pur a fronte di una situazione epidemiologica ancora piuttosto fluida ed assai incerta, e nell’imminenza di una crisi di governo già annunciata, il DPCM 14 gennaio 2021, con l’art. 1, X comma, lettera “r” ne ha assentito – tutto sommato inaspettatamente, ci verrebbe da dire – la ripresa a tre condizioni:
1) che il museo (o il luogo della cultura) non si trovi in un’area del territorio nazionale caratterizzata da uno scenario di elevata (o massima) gravità e da un livello di rischio alto, e cioè si trovi in una regione c.d. “gialla”;
2) che siano adottate nel museo tutte le misure atte a prevenire il contagio previste dalle norme in vigore;
3) che la riapertura avvenga esclusivamente dal lunedì al venerdì, e comunque in giorni non festivi.
Non abbiamo doti divinatorie che ci permettono di sapere se le intenzioni del Governo, nell’emanazione della disposizione ora in vigore, siano determinate dalla consapevolezza che i luoghi della cultura non siano di per sé luoghi inclini alla diffusione del contagio, o condizionate dalla pur comprensibile esigenza di contenere, per l’anno corrente, l’erogando esborso ai musei ed ai luoghi della cultura, già ammontante per l’anno 2020 a €. 70.000.000,00 sulla base del DM 26 giugno 2020, n. 297 (c.d. “Fondo emergenze imprese e istituzioni culturali” di cui all’art. 183, II comma, decreto-legge 19 maggio 2020, n. 34).
Siamo però convinti che si tratti di una norma di complicata attuazione:
1) in primo luogo, poiché sono stati ristretti i criteri per la collocazione delle regioni nelle varie fasce, sarà sempre più complicato trovarsi in area “gialla”, e quindi sarà sempre più difficile, per un museo o luogo della cultura, anche solo programmarne la riapertura;
2) per ciò che concerne la nostra regione, l’Umbria si trova attualmente in area “arancione” e non si sa per quanto vi rimarrà: la situazione epidemiologica non appare affatto in benevola evoluzione, specialmente nella provincia di Perugia;
3) i musei, anche quelli piccoli o medi, come tanti ce ne sono in Umbria, non sono “rubinetti” che si aprono e si chiudono a piacimento, una settimana sì e una no, magari con due giorni di preavviso;
4) rischia di diventare decisamente antieconomica una riapertura “a singhiozzo” nei giorni feriali, in considerazione dei rilevanti costi fissi che gravano sui musei per il personale ed altri oneri.
C’è bisogno di stabilità, calma e fermezza sia nelle intenzioni che nelle azioni, anche al fine di tutelare la salute pubblica, ed è non più procrastinabile la decisione di consentire, in piena sicurezza e nel rispetto di tutte le misure, la fruizione dei servizi museali di base, per tutta la settimana, e quantomeno anche nelle aree soggette a colorazione “arancione”: ogni altro strumento è un mero palliativo con più controindicazioni che vantaggi.

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