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Tondini
Elisabetta Tondini
Agenzia Umbria Ricerche
Focus AUR
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Interdipendenze settoriali e pervasività degli impulsi di domanda finale sul sistema umbro

10 Gen 2023
Tempo di lettura: 8 minuti

Entrare dentro la struttura produttiva dell’Umbria significa anche cogliere quali siano i legami intersettoriali che la caratterizzano. Quanto più è fitta la rete di tali legami, tanto più potente è il meccanismo per cui, da un impulso esogeno di domanda finale, si producono quegli effetti a cascata (diretti, indiretti, indotti) che si propagano sul sistema traducendosi in aumenti di produzione, reddito, occupazione, importazioni. Perché la misura di tali effetti e la loro diffusione dipendono, oltre che dalla entità della spesa e dalla sua composizione, dal grado di interdipendenza dei settori stessi, al loro interno e con l’esterno.

La dipendenza dall’esterno

Che l’Umbria sia una regione fortemente dipendente dalle economie esterne, soprattutto dal resto d’Italia, è cosa nota. Ma lo è molto meno la quantificazione del fenomeno: le sole importazioni dalle altre regioni – pari a 11.400 milioni di euro al 2018 – coprono il 69% delle importazioni totali e per il 60% si tratta di beni utilizzati nei processi produttivi (percentuale che si eleva al 64% nel caso dell’import estero).

Flussi di import e di export dell’Umbria con il resto d’Italia e con l’estero per tipo di impiego (milioni di euro, 2018)

Fonte: nostre elaborazioni su modello Input-Output biregionale Umbria-resto d’Italia – IO-Pythagoras bireg – IRPET

Sul fronte della domanda, i 10.246 milioni di euro di fatturato realizzati dall’Umbria per vendite verso le regioni italiane, che per il 70% sono costituiti da beni e servizi utilizzati dalle altre economie nei propri processi produttivi – rappresentano un altrettanto 70% del totale esportato.

Tutto l’import costituisce i 2/3 della domanda finale interna, tutto l’export il 37% degli impieghi totali. Il primo pesa sul Pil (che nel 2018 era pari a 22.828 milioni di euro) per l’83%, il secondo per il 64%.

La produzione umbra dipende fortemente dai beni importati dall’esterno

Ciò che l’Umbria riesce a produrre al suo interno non è sufficiente per coprire tutta la domanda, che a sua volta è sorretta in gran parte dai consumi finali interni (63% degli impieghi).

Questo gap spiega l’esistenza di un saldo commerciale import-export positivo e tra i più elevati d’Italia (pari al 9% del Pil), necessario affinché le risorse eguaglino gli impieghi (pari a quasi 39.500 milioni di euro nel 2018).

La manifattura è fortemente bisognosa di risorse importate da fuori regione, tuttavia, per essere la maggiore generatrice di export, presenta mediamente un saldo commerciale in avanzo, a differenza delle altre macro branche.

Flussi di import e di export dell’Umbria – rapporti caratteristici

Fonte: nostre elaborazioni su modello Input-Output biregionale Umbria-resto d’Italia – IO-Pythagoras bireg – IRPET

Saldi commerciali (import-export) in Umbria per macro branche (milioni di euro 2018)

Fonte: nostre elaborazioni su modello Input-Output biregionale Umbria-resto d’Italia – IO-Pythagoras bireg – IRPET

Flussi commerciali dei settori manifatturieri in Umbria (in parentesi saldi import-export in milioni di euro, 2018)

Fonte: nostre elaborazioni su modello Input-Output biregionale Umbria-resto d’Italia – IO-Pythagoras bireg – IRPET

La formazione delle risorse

Il grado di dipendenza dall’esterno si osserva anche analizzando la provenienza delle risorse a disposizione dei vari settori produttivi che, per l’Umbria, risultano complessivamente per il 28% importate, con notevoli differenze tra i settori. Quelli manifatturieri importano il 37% delle proprie risorse mentre i servizi, che sono rivolti a un mercato prevalentemente locale, ricevono dall’esterno il 29% delle proprie risorse (che scende al 6% nel caso dei servizi della PA, istruzione, sanità). Notevole la dipendenza dalle economie esterne anche dei prodotti agricoli, che per il 30% sono importati da altre regioni italiane e per il 10% dall’estero.

Le branche manifatturiere che più ricorrono all’offerta esterna sono la raffinazione petrolifera, chimica, farmaceutica e alcune branche della meccanica, come i mezzi di trasporto, la meccanica di precisione e l’elettronica. Quelle invece a più bassa propensione all’importazione, e di converso un più alto coefficiente di scambio intraregionale, sono le industrie che più caratterizzano il sistema industriale dell’Umbria.

Fra i servizi, le più alte propensioni all’import sono registrate nelle branche delle telecomunicazioni, servizi IT, R&S e servizi alle imprese, ma anche trasporti e magazzinaggio.

Formazione delle risorse in Umbria per provenienza e per macro branche*

* Le risorse sono al netto delle imposte nette
Fonte: nostre elaborazioni su modello Input-Output biregionale Umbria-resto d’Italia – IO-Pythagoras bireg – IRPET

Formazione delle risorse in Umbria per provenienza e per branche manifatturiere

Fonte: nostre elaborazioni su modello Input-Output biregionale Umbria-resto d’Italia – IO-Pythagoras bireg – IRPET

Formazione delle risorse in Umbria per provenienza e per branche dei servizi market

Fonte: nostre elaborazioni su modello Input-Output biregionale Umbria-resto d’Italia – IO-Pythagoras bireg – IRPET

La destinazione degli impieghi

Come vengono usate le risorse disponibili? Il 36% di esse sono impiegate per soddisfare la domanda intermedia, ovvero utilizzate dai settori umbri nei loro processi produttivi, il 39% sono dirette a soddisfare la domanda finale interna, il 25% è assorbito dalla domanda esterna (il 7% estera).

La manifattura ha contemporaneamente le più alte componenti di domanda intermedia e domanda finale esterna rispetto alla media regionale. La vocazione interindustriale, cioè quella dei settori legati alla domanda intermedia, si riscontra nella produzione di gomma plastiche e lavorazione minerali non metalliferi e nei settori cosiddetti pesanti, tra cui la produzione di metalli e prodotti in metallo e la chimico-farmaceutica, ma si ravvisa anche nel legno, carta, stampa. Di converso, le branche che producono beni d’investimento (meccanica) e beni di consumo non durevoli (moda, alimentare) registrano le più alte percentuali di usi finali.

Tra i servizi che destinano la maggior parte delle loro risorse a impieghi intermedi si distinguono le attività professionali scientifiche e tecniche (ma non i servizi R&S, almeno non in Umbria) e in genere i servizi alle imprese e trasporti e magazzinaggio.

Composizione degli impieghi in Umbria per destinazione e per macro branche

Fonte: nostre elaborazioni su modello Input-Output biregionale Umbria-resto d’Italia – IO-Pythagoras bireg – IRPET

Composizione degli impieghi in Umbria per destinazione e branche manifatturiere

Fonte: nostre elaborazioni su modello Input-Output biregionale Umbria-resto d’Italia – IO-Pythagoras bireg – IRPET

Composizione degli impieghi in Umbria per destinazione e branche dei servizi market

Fonte: nostre elaborazioni su modello Input-Output biregionale Umbria-resto d’Italia – IO-Pythagoras bireg – IRPET

I legami settoriali

La strategicità di un settore in termini di capacità di attivazione, una volta sollecitato, dipende dall’intensità dei suoi collegamenti a monte e a valle con gli altri settori. Quelli caratterizzati da forti legami all’interno, che assorbono cioè prevalentemente prodotti intermedi e i cui impieghi sono anch’essi destinati ad uso intermedio (perciò definiti intermedi-intermedi), sono settori nodali secondo questa chiave di lettura. Tuttavia gli input intermedi utilizzati nei propri processi produttivi devono risultare in prevalenza di produzione interna, poiché i settori intermedi-intermedi a forte utilizzo di import hanno una capacità integrativa a monte con il sistema umbro bassa, ma alta con le economie esterne. In Umbria, i settori nodali – secondo questa accezione – non sono settori particolarmente rilevanti da un punto di vista della generazione di reddito.

La maggior parte dei settori manifatturieri sono a produzione intermedia e a destinazione finale, con molti collegamenti a monte e destinazione per lo più all’estero. Anche laddove i collegamenti a monte siano prevalentemente con l’esterno, la forte propensione all’export riesce a bilanciare la dipendenza da altre economie. Ritroviamo, tra questi, i settori manifatturieri che trainano l’economia regionale: l’Alimentare, la Moda, la produzione di metalli e di prodotti in metallo. Invece, i settori collegati a monte con settori esterni alla regione e a prevalente domanda finale interna, al contrario, incidono pesantemente sul saldo commerciale (è il caso della produzione di computer e apparecchi elettronici, mezzi di trasporto, prodotti farmaceutici e chimico-medicali).

Potenziare la spesa dei non residenti in Umbria (visitatori e turisti) stimola la produzione interna

Quella delle costruzioni è la classica branca che presenta legami a monte prevalentemente con settori interni e vendite per usi finali interni. Le attività terziarie si caratterizzano per definizione per un alto uso di input primari. Alcune di esse forniscono servizi intermedi (come i servizi finanziari e assicurativi, i servizi alle imprese) ma per lo più, soprattutto i servizi alla persona – oltre che i servizi non market – hanno scarsi collegamenti a valle con gli altri settori, perché destinano la loro produzione prevalentemente a uso finale. Si caratterizzano per generare pochissimi effetti dispersivi a causa di un ridotto fabbisogno di import e attivano maggiormente il processo di formazione del valore aggiunto.

Effetti prodotti da aumenti di domanda finale

Dunque, per i loro legami interni e con l’esterno, i settori giocano ruoli differenti entro il sistema produttivo di cui sono parte e generano risposte differenti laddove sollecitati a seguito di un incremento di domanda e di produzione.

Per il fatto che le componenti di domanda finale (la spesa delle famiglie residenti e dei non residenti, quella per investimenti, quella della Pubblica amministrazione, l’export) si caratterizzano per agire su particolari settori produttivi piuttosto che su altri, gli effetti che si generano da un impulso esogeno di ciascuna di esse sono differenti in termini di pervasività. Questo significa che il processo di attivazione che si innesca su produzione interna, valore aggiunto, importazione – oltreché sulle unità di lavoro – sono diversi a seconda che l’incremento esogeno di una stessa entità di spesa sia generato dalla domanda dei residenti, da quella dei non residenti, dal settore pubblico (si tratta in questo caso di spesa di funzionamento), oppure da un aumento degli investimenti o ancora da domanda dall’esterno.

Impatto di spesa di 1.000 euro in Umbria per singole componenti di domanda finale

Fonte: nostre elaborazioni su modello Input-Output biregionale Umbria-resto d’Italia – IO-Pythagoras bireg – IRPET

L’export è la componente di domanda finale esogena a maggiore attivazione di produzione. Quella che invece esplica maggiori effetti sul processo di formazione del valore aggiunto è la spesa pubblica, perché agisce direttamente sulla produzione interna senza particolari effetti dispersivi (la quota di input intermedi è molto bassa) e l’elevato contenuto di input primari si riflette positivamente sulla capacità di attivare valore aggiunto. Tuttavia la spesa per domanda finale pubblica, per gli scarsi legami con gli altri settori, attiva pochi effetti indiretti, ossia ha scarsi effetti moltiplicativi sul sistema.

La spesa per investimenti si caratterizza per avere elevati effetti dispersivi (alto è l’import generato), tuttavia le ricadute sul sistema umbro oscillano entro un range molto ampio a seconda della branca sollecitata: ad esempio, gli investimenti in costruzioni, ad elevato utilizzo di input intermedi di origine interna, esplicano un elevato potere attivante sul sistema umbro; al contrario, nel caso della produzione di macchine e apparecchi, computer e macchine elettriche ed elettroniche, per l’elevata dipendenza da input esterni, genera un effetto dispersivo a beneficio delle altre economie.

Quanto alla spesa delle famiglie, nel caso sia sostenuta dai non residenti, fa registrare impatti più elevati in termini di valore aggiunto, per la forte presenza della branca Alberghi e Pubblici Esercizi, che si caratterizza per un basso fabbisogno di import diretto ed indiretto. La spesa dei residenti, invece, stimolando produzioni caratterizzate da una più alta componente di importazioni, genera minori effetti indiretti.

Queste ultime considerazioni ci consentono di dire, in estrema sintesi, che in Umbria sarebbe auspicabile:

·   potenziare l’export

·   potenziare la domanda dei non residenti

perché si tratta di componenti di domanda finale ad elevato potere attivante sull’economia locale.

Non solo.

Al di là dei benefici effetti immediati sul sistema, l’incremento dell’export e della spesa dei non residenti:

·   contribuisce ad allentare la dipendenza del sistema umbro dalla domanda interna, tradizionale punto di debolezza della regione;

·   sottende il potenziamento di suoi due importanti motori di sviluppo, ovvero manifattura e turismo. Un aumento dell’export sottende infatti un innalzamento della competitività dei prodotti e della produzione manifatturiera locale; l’aumento della spesa dei non residenti, che significa aumento dei flussi da fuori regione ma anche della qualità della domanda stessa, sottende a sua volta un’azione organica di potenziamento dell’offerta turistica, la quale finirebbe per generare evidenti positive ricadute sull’intera economia umbra.