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Andrea Crippa
Ricercatore AUR

La produttività del lavoro in Umbria

13 Gen 2023
Tempo di lettura: 11 minuti

La produttività è considerata un indicatore chiave della crescita economica di lungo periodo e della competitività di un paese. Ad un suo incremento si associa la crescita reddituale e conseguentemente il miglioramento del tenore di vita.

Tra le misure di produttività distinguiamo: produttività del lavoro, produttività del capitale e produttività totale dei fattori. Ai fini della presente analisi ci concentriamo sulla produttività del lavoro, misurata come il rapporto tra il valore aggiunto espresso in termini reali e le ore lavorate. Attenendoci alle definizioni ISTAT descriviamo il valore aggiunto come l’aggregato che consente di apprezzare la crescita del sistema economico in termini di nuovi beni e servizi messi a disposizione della comunità per impieghi finali; mentre definiamo le ore lavorate come il monte ore effettivamente lavorate in qualsiasi posizione professionale (dipendente e indipendente), purché finalizzate alla produzione del reddito.

Tale focus è composto da 4 sezioni. Nel primo paragrafo indaghiamo l’andamento della produttività del lavoro nel suo complesso, mentre nel secondo effettuiamo un’analisi per sottosettori distinguendoli in base all’attività economica dell’impresa secondo la classificazione Ateco2007. Nella terza sezione evidenziamo alcune delle determinanti relative alla crescita della produttività del lavoro. Nella quarta ed ultima parte vengono presentate alcune riflessioni conclusive. L’andamento della produttività del lavoro in Umbria viene confrontata con quella italiana per il periodo 2010-2020.

Produttività del lavoro complessiva
La produttività del lavoro italiana nell’ultima decade ha registrato una crescita pari al +6.5%, mentre per quanto riguarda la regione Umbria è rimasta sostanzialmente invariata, registrando un decremento molto contenuto pari al -0.2%.

“L’Umbria gode di un capitale umano più elevato rispetto al resto d’Italia”

La dinamica positiva della produttività italiana risulta essere fortemente influenzata dalla pandemia mondiale, la quale ha drasticamente ridotto le ore lavorate rispetto al valore aggiunto. Pertanto, escludendo momentaneamente l’anno 2020, la produttività del lavoro italiana presenta una crescita pari al +2.7%, mentre per quanto riguarda la regione Umbria registriamo un declino corrispondente al -2.1% – vedi figura 1.
L’aspetto più incoraggiante per l’Umbria si riscontra nel fatto che a partire dal 2018 la produttività del lavoro regionale ha evidenziato una inversione di tendenza iniziando a seguire l’andamento nazionale.

Figura 1. Produttività del lavoro 2010-2020 (valori concatenati all’anno base 2015). Numeri indice, 2010=100
Fonte: Elaborazione AUR su dati ISTAT

Nella sezione seguente approfondiamo la questione relativa all’andamento della produttività del lavoro differenziando per i diversi settori.

Produttività del lavoro per settori
Seguendo la classificazione Ateco2007 [1] analizziamo la produttività del lavoro per le imprese operanti nei seguenti settori: agricoltura, silvicoltura e pesca (sezione A), attività manifatturiere (sezione B), servizi di informazione e comunicazione (sezione J), attività finanziarie e assicurative (sezione K), attività immobiliari (sezione L), attività professionali, scientifiche e tecniche (sezione M), attività di amministrazione e servizi di supporto alle imprese (sezione N). Ai fini dell’analisi raggruppiamo i suddetti settori nelle seguenti quattro macroaree: agricoltura, manifattura, informazione e comunicazione e servizi avanzati [2].

Complessivamente la produttività del lavoro nel comparto agricolo umbro nel periodo analizzato ha registrato una diminuzione del -19.3% (-18.8% escludendo il 2020), contrariamente all’Italia dove osserviamo un andamento di crescita pari al +3.2% (+2.9% al 2019). Il calo della produttività del lavoro osservata in Umbria, specie nell’anno 2016, è da attribuirsi al crollo delle produzioni olivicole, le quali rappresentano una quota significativa delle aziende specializzate in produzioni vegetali, fortemente danneggiate dagli eventi climatici e fitopatologici avversi [3].

Figura 2. Produttività del lavoro – agricoltura 2010-2020 (valori concatenati all’anno base 2015). Numeri indice, 2010=100
Fonte: Elaborazione AUR su dati ISTAT

Il settore manifatturiero umbro esibisce un comportamento in termini di produttività del lavoro del tutto simile a quella nazionale. Addirittura, a partire dal 2015, registra performance migliori rispetto al sistema paese. Il tasso di crescita per l’intero arco temporale è pari al +15% e +11.3% per Umbria e Italia, rispettivamente [4]. L’incremento della produttività del lavoro all’interno del settore manifatturiero è stata resa possibile grazie all’adozione dei Piani Industriali 3.0 e 4.0, i quali hanno permesso di realizzare, congiuntamente al miglioramento nell’accesso al credito, importanti investimenti innovativi specie per le piccole e medie imprese manifatturiere.

Figura 3. Produttività del lavoro – manifattura 2010-2020 (valori concatenati all’anno base 2015). Numeri indice, 2010=100
Fonte: Elaborazione AUR su dati ISTAT

Un quadro più variegato si osserva – figura 4 – per il settore relativo ai servizi di informazione e comunicazione (ICT d’ora in avanti). Tale settore ricopre un ruolo strategico e di primaria importanza data la sua capacità nel supportare la transizione verso la digitalizzazione. Per quanto concerne la produttività del lavoro nel comparto dell’ICT in Umbria notiamo una marcata riduzione nel triennio 2010-2012, contrazione derivante dall’aggravarsi della situazione del debito italiano in seguito alla crisi finanziaria del 2007-2008. Per i restanti anni osserviamo un andamento piuttosto altalenante che al 2019 esibisce valori essenzialmente uguali a quelli del 2010. Altresì per l’Italia annoveriamo un evolversi della produttività del lavoro piuttosto volubile. Successivamente alla pandemia e al conseguente lockdown osserviamo un’impennata nelle performance del settore dell’ICT per l’anno 2020. Tale miglioramento, contemporaneamente alla riduzione del monte ore lavorate causa Covid, deriva in larga misura dal potenziamento di reti e canali telematici che hanno consentito a milioni di italiani di poter lavorare in smart working. In tabella 1 riassumiamo l’impatto avuto dalla pandemia sul tasso di crescita della produttività del lavoro nel comparto dell’ICT.

Figura 4. Produttività del lavoro – informazione e comunicazione 2010-2020 (valori concatenati all’anno base 2015). Numeri indice, 2010=100
Fonte: Elaborazione AUR su dati ISTAT

Tabella 1. Confronto tra Umbria e Italia dei rispettivi tassi di crescita della produttività del lavoro nel settore ICT

Infine, per quanto riguarda il macrosettore dei “servizi avanzati” per entrambe le aree oggetto d’analisi ascriviamo un marcato trend decrescente fino al 2019, mentre per l’anno 2020 si registra un significativo balzo in avanti guidato da un calo delle ore lavorate più intenso di quello del valore aggiunto. Basti pensare che nel solo biennio 2019-2020 la produttività del lavoro sia cresciuta rispettivamente del +2.8% e +7.8% per Umbria e Italia; quando il tasso di crescita di quest’ultima per l’intero periodo risulta essere pari al -5.9% per la regione Umbria e al +3.2% per l’Italia – vedi figura 5.

Analizzando i dati sino al 2019 sia a livello nazionale che umbro l’efficienza della produttività del lavoro nel macrosettore dei servizi avanzati si è andata riducendo anno dopo anno, sebbene la regione Umbria abbia evidenziato un calo più marcato rispetto all’Italia. Scendendo nel dettaglio delle singole sezioni, per quanto concerne l’Umbria, gli scarsi risultati sono attribuibili in larga parte al declino delle attività professionali, scientifiche, tecniche, amministrative e di supporto alle imprese: -24.9% (-23.5% considerando anche l’anno 2020) a discapito delle soddisfacenti prestazioni ottenute nei comparti delle attività finanziarie, assicurative, e immobiliari.

Figura 5. Produttività del lavoro – servizi avanzati 2010-2020 (valori concatenati all’anno base 2015). Numeri indice, 2010=100
Fonte: Elaborazione AUR su dati ISTAT

In figura 6 riassumiamo i tassi di crescita della produttività del lavoro per i vari macrosettori presentati.

In ultima istanza per comprendere appieno le variazioni nella produttività del lavoro per i diversi macrosettori effettuiamo un’ulteriore analisi comparando i tassi di crescita relativi al valore aggiunto e alle ore lavorate sia nella fase pre pandemica (Panel A) che in corso di svolgimento (Panel B). I risultati possono essere apprezzati in tabella 2.

Figura 6. Confronto per macrosettori dei tassi di crescita della produttività del lavoro tra Italia e Umbria per il periodo 2010-2020 (%)
Fonte: Elaborazione AUR su dati ISTAT

Tabella 2. Tasso di crescita del valore aggiunto e del monte ore lavorate per macrosettore

Fonte: Elaborazione AUR su dati ISTAT

I macrosettori evidenziati in verde – tabella 2 – mostrano un vero e proprio efficientamento in termini di produttività oraria del lavoro in quanto le ore lavorate diminuiscono e al contempo incrementa il valore aggiunto. Mentre il colore giallo, dominante nel panel B, evidenzia un incremento della produttività per così dire “spurio” derivante dal fatto che le ore lavorate diminuiscono (aumentano) in misura superiore (inferiore) rispetto al valore aggiunto. Infine, il colore arancione mette in risalto quei settori per i quali annoveriamo un effettivo peggioramento della produttività del lavoro.

Determinanti della crescita della produttività del lavoro
Perché la produttività del lavoro in Umbria è rimasta ferma sui livelli del 2010? Cosa si cela dietro tale staticità? Perché l’Umbria dal 2010 al 2019 ha evidenziato un andamento divergente in termini di produttività del lavoro rispetto al resto d’Italia? In questo paragrafo cercheremo di rispondere a tali quesiti analizzando alcune delle determinanti della produttività del lavoro.

“La regione Umbria è tra le prime in Italia per percentuale di occupati sovraistruiti”

Le determinanti della produttività possono essere distinte in interne ed esterne all’impresa. Capitale umano, management, innovazione e tecnologia sono solo alcune delle determinanti interne all’impresa. Mentre concorrenza e regolamentazione, mercato del lavoro e relazioni industriali, procedure fallimentari e accesso al credito rappresentano i drivers esterni della produttività. Tutti questi elementi interagiscono tra loro simultaneamente rendendo difficile identificare quali meccanismi siano prioritari rispetto ad altri nello spiegare l’andamento della produttività. In questa sede indagheremo principalmente i fattori interni all’impresa [5].

In prima istanza focalizziamo la nostra attenzione in merito alla disponibilità del capitale umano. I lavoratori che dispongono di una elevata formazione scolastica risultano essere più produttivi rispetto a coloro che hanno una formazione più modesta. Seguendo la classificazione fornita dall’International Standard Classification of Education (ISCED 2011) definiamo come individui altamente istruiti tutti coloro che nella fascia d’età 25-64 anni sono in possesso di una laurea triennale o magistrale, di un dottorato di ricerca, o che dopo il diploma abbiamo seguito corsi di specializzazione. Esaminando i dati relativi alla percentuale di persone in possesso di un elevato grado di scolarizzazione – figura 7 – si evince come la regione Umbria manifesti valori costantemente superiori a quelli nazionali. Pertanto, non possiamo attribuire il ristagno della produttività del lavoro in Umbria alla scarsa disponibilità di capitale umano sul territorio.

Sebbene in Umbria vi sia una percentuale di persone mediamente più istruite rispetto al resto d’Italia, il tessuto economico regionale non è stato in grado di sfruttare appieno tali risorse, e infatti l’Umbria vanta un tasso di occupati sovraistruiti tra i più alti del Paese. La sovraistruzione è un fenomeno che non va sottovalutato, in quanto può attivare meccanismi di demotivazione e di scoramento che condizionano negativamente il livello di produttività del lavoratore interessato (Ufficio Studi CGIA Mestre – 2020).

Figura 7. Persone nella fascia d’età 25-64 anni in possesso di un elevato grado di istruzione (%)
Fonte: Elaborazione AUR su dati EUROSTAT

Figura 8. Occupati sovraistruiti nel periodo 2010-2020 (%)

Fonte: Elaborazione AUR su dati ISTAT

Oltre che dal capitale umano la produttività del lavoro risulta essere influenzata anche dal capitale fisico messo a disposizione dei lavoratori. Andiamo a misurare il capitale fisico mediante gli investimenti fissi lordi interni i quali sono costituiti dalle acquisizioni (al netto delle cessioni) di capitale fisso effettuate dai produttori residenti a cui si aggiungono gli incrementi di valore dei beni materiali non prodotti. Il capitale fisso consiste in beni materiali e immateriali prodotti destinati ad essere utilizzati nei processi produttivi per un periodo superiore ad un anno. Per la regione Umbria annoveriamo – figura 9 – una decrescita più marcata rispetto all’Italia [6]. Tale riduzione negli investimenti fissi lordi interni limita la disponibilità, specie per i lavoratori umbri, di macchinari e attrezzature  ostacolandone  la  possibilità  ad  essere  più  efficienti  nella  produzione. Pertanto, il vantaggio derivante dall’avere una quota elevata di capitale umano viene erosa dalla modesta entità di capitale fisico a disposizione.

Figura 9. Investimenti fissi lordi interni Umbria vs. Italia, 2010-2020 (valori concatenati al 2015). Numeri indice, 2010=100
Fonte: Elaborazione AUR su dati ISTAT

Un ulteriore elemento che influenza il livello della produttività del lavoro è la capacità di un Paese o di una regione di sviluppare e applicare tecnologie nuove e più efficienti di quelle passate. Le nuove tecnologie possono avere effetti di positive spillover anche in settori diversi da quelli in cui vengono introdotte originariamente. Tenteremo di indagare il progresso tecnologico in base al rapporto che intercorre tra le imprese e i servizi definiti ad alto contenuto tecnologico e di conoscenza rispetto alle imprese totali presenti sul territorio. Riprendendo la classificazione Ateco2007 utilizzata in precedenza e seguendo la ripartizione proposta da Eurostat/OCSE possiamo distinguere le imprese in base alla loro attività economica prevalente. Nella tabella 3 elenchiamo e descriviamo le attività economiche considerate ad alta intensità tecnologica e/o contenuto di conoscenza.

Tabella 3. Elenco attività economiche ad alta intensità tecnologica e/o contenuto di conoscenza

Dal grafico in figura 10 si evince che l’incidenza delle attività tecnologicamente avanzate rispetto al totale delle imprese risulta essere più contenuta per la regione Umbria. Quest’ultima, nel periodo 2010-2020, per ogni 100 imprese registrate nel Registro Imprese presso la Camera di Commercio annovera mediamente 11 attività ad alto contenuto tecnologico. Nello stesso intervallo temporale l’Italia per ogni 100 imprese ne esibisce all’incirca 13 ad elevato contenuto di conoscenza.

Figura 10. Incidenza di imprese e servizi ad alto contenuto tecnologico e di conoscenza rispetto al totale delle imprese (%)
Fonte: Elaborazione AUR su dati Movimprese

Questa differenza apparentemente di piccola entità in realtà cela aspetti economici importanti. Immaginiamo per un momento che l’Umbria abbia per l’anno 2020 la medesima incidenza di imprese e servizi ad alto contenuto tecnologico registrata a livello nazionale, ovvero 14 imprese ogni 100 (ultima barra arancione della figura 10). Ciò significa che il nostro territorio avrebbe potuto ospitare circa 13.188 imprese tecnologicamente avanzate rispetto alle attuali 11.207 [7].

Le determinanti sin qui trattate, senza pretesa di esaustività, ci forniscono in ogni caso delle valide risposte al perché la produttività del lavoro in Umbria si è sostanzialmente arenata, evidenziando nel 2020 i medesimi livelli osservati all’anno 2010.

Dalle determinanti sin qui esposte ciò che ha maggiormente ostacolato il decollo della produttività del lavoro in Umbria è da ricercarsi nella mancata corrispondenza tra le competenze possedute dai lavoratori e l’effettivo inquadramento professionale, nella decrescita del capitale fisico disponibile, e al numero ridotto di attività economiche ad alta intensità tecnologica e/o contenuto di conoscenza. Un altro aspetto, che non è stato approfondito ma che merita ugualmente attenzione, riguarda la dimensione d’impresa. Come sappiamo il tessuto produttivo italiano, e in particolar modo quello umbro, è costellato da una moltitudine di microimprese (0-9 addetti), le quali per ovvie ragioni tendono ad avere una propensione ad investire ed innovare piuttosto modesta.

Riflessioni conclusive
L’aumento della produttività dovrebbe essere una priorità sia a livello nazionale che regionale ai fini di un miglioramento del tasso di crescita economica. Il conseguimento di tale incremento non è però compito facile, in quanto la produttività del lavoro risulta essere influenzata da svariati fattori. Tuttavia possiamo suggerire alcune aree d’azione. In primis inaugurare una nuova fase della politica industriale che preveda una inversione di tendenza nelle strategie di politica economica con un recupero nella spesa per gli strumenti della politica industriale orientati in modo deciso sulle attività a maggior contenuto tecnologico. Privilegiando quindi determinate aree e settori contrariamente al recente passato dove le risorse e gli interventi erano in buona parte destinati a tamponare le molte aree di crisi aziendali [8]. Il Piano Nazionale Industria 4.0 pubblicato nel 2016 è un esempio concreto di questo nuovo ciclo della politica industriale. Inoltre, è consigliabile che gli interventi che saranno posti in essere dai policy-makers siano orientati all’implementazione di misure volte a influenzare direttamente le decisioni specifiche dell’impresa – favorendone la crescita dimensionale, l’adozione di nuove pratiche manageriali, l’innovazione di prodotti – oltre alle riforme del contesto imprenditoriale in generale [9]. Per la regione Umbria i fondi messi a disposizione dal Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza (PNRR) rappresentano un’opportunità da cogliere per ravvivare la crescita della produttività del lavoro e inaugurare una nuova fase di sviluppo dell’economia regionale.

 

Note

1 – L’ATECO è la classificazione delle attività economiche adottata dall’Istat per finalità statistiche cioè per la produzione e la diffusione di dati statistici ufficiali. Inoltre, costituisce la versione nazionale della classificazione europea delle attività economiche Nace Rev.2.

2 – Il macrosettore dei servizi avanzati comprende le sezioni K, L, M, e N.

3 – ISTAT, 2016. L’andamento dell’economia agricola. Statistiche report.

4 – Escludendo l’anno 2020 sia per l’Umbria che per l’Italia osserviamo dei tassi di crescita maggiori (+20.3% e +12.5% rispettivamente).

5 – Per una più ampia trattazione delle aree d’intervento si rimanda al lavoro di Bugamelli, et.al. “Productivity growth in Italy: a tale of slow-motion change”, Banca d’Italia, 2018.

6 – Gli investimenti fissi lordi interni decrescono in Umbria in misura pari al -32.5% contro il -14.7% dell’Italia.

7 – Tale numero di imprese può variare a seconda delle attività economiche identificate ad “alta intensità tecnologica e/o contenuto di conoscenza”.

8 – Per ulteriori informazioni si rimanda al testo di Brancati e Maresca: I motori della competitività italiana.

9 – Riforme contesto imprenditoriale: funzionamento pubblica amministrazione, sistema scolastico, sistema tributario, infrastrutture, etc.