Focus

  1. Home
  2. /
  3. Focus
  4. /
  5. Numeri della ripartenza e...
Elisabetta Tondini
Agenzia Umbria Ricerche

Numeri della ripartenza e incognite del futuro

4 Ago 2021
Tempo di lettura: 5 minuti

Abbiamo accolto con un certo sollievo le recenti stime della Banca d’Italia sulle performance dello scorso anno, che hanno quantificato una decrescita umbra allineata a quella nazionale, ovvero non il temuto -14 per cento, ma un numero inferiore a 9. Insomma, la batosta c’è stata, come del resto ovunque, ma non così pesante come si temeva. Lo riconferma, in via migliorativa, pure lo studio Svimez di fine luglio che ha comunicato per l’Umbria una perdita del Pil nel 2020 dell’8,5 per cento, a fronte del -8,9 nazionale, ponendola settima tra le regioni italiane ordinate per intensità di recessione (le vicine Toscana e Marche hanno superato rispettivamente il 10 e l’11 per cento e sono le ultime in graduatoria).

Tuttavia la ripartenza, stimata per l’Italia pari al 4,7 e al 4 per cento rispettivamente in riferimento all’anno in corso e al prossimo, ripropone un Paese a due velocità: pur con qualche eccezione, più sostenuta sarà la ripresa delle regioni del Nord, soprattutto del Nord-Est, che figura con 6,2 e 5,0 per cento nel 2021 e 2022. Il Centro, allineato ai valori medi nazionali, vede un’Umbria risalire la china, con 4 e 3,8 per cento, più timidamente della Toscana (e, in riferimento all’anno in corso, anche di Abruzzo e Campania).

In sintesi, la ripresa prevista dal nuovo modello di analisi Svimez non basterebbe per riportare l’Umbria e l’Italia ai livelli di Pil pre-Covid: occorre un delta in più (rispettivamente 1,2 e 0,8 punti sui valori stimati al 2022).

Stima della dinamica del Pil dal 2019 al 2020 nelle regioni italiane (valori %)

Fonte: elaborazioni grafiche su dati SVIMEZ (luglio 2021)

 

Stima della dinamica del Pil negli anni 2021 e 2022 nelle regioni italiane (valori %)
Fonte: elaborazioni grafiche su dati SVIMEZ, modello NMODS-REGIO (luglio 2021)

 

Il fenomeno osservato per il Pil – un calo leggermente più attenuato dell’Umbria rispetto alla media nel 2020, ma ritmi un po’ più rallentati per la ripresa nel biennio successivo – è quanto si ripropone sul fronte occupazionale: -1,4 per cento (contro -2,2 dell’Italia) nell’anno dello shock pandemico seguiti da aumenti dell’1,4 e del 2,5 per cento nel 2021 e 2022 (a fronte di 1,7 e 2,9 per cento italiani).

Si tratta pur sempre di stime. E, come si sa, le stime vengono spesso smentite dai fatti, soprattutto di questi tempi, segnati da mille incognite. Al di là dei numeri, tangibili segnali di ripresa sul fronte produttivo lasciano ben sperare. Positiva, anche per l’effetto moltiplicatore che attiva, è la prevista risalita dei consumi. Per la spesa delle famiglie, che nel 2020 aveva segnato in Umbria un calo dell’11,6 per cento (-12,1 in Italia), il recupero della regione si prevede più accentuato nell’anno in corso (+3,6 per cento contro il +3,2 italiano) e un po’ meno nel prossimo (4,3 e 4,6). La più lieve diminuzione dei consumi delle famiglie riscontrata in Umbria durante lo scoppio della pandemia è conseguenza di una contrazione del reddito disponibile delle famiglie consumatrici assai più contenuta che nel resto del Paese: -0,5 per cento, a fronte di -2,8 in Italia, -2,1 del Centro, -2,7 del Centro-Nord. Il meccanismo della redistribuzione del reddito in una regione ove il sistema fiscale incide rispetto alla media relativamente di meno e quello dei trasferimenti relativamente di più – per motivi segnatamente demografici ma anche di struttura produttiva – ha certo attutito in misura più consistente che altrove le conseguenze della drastica contrazione di reddito prodotto. Ma ad attenuare la decrescita dei redditi disponibili hanno contribuito altresì le misure di sostegno e di contrasto alla povertà di cui la regione ha fruito ampiamente.

Un’economia riprende quando risale la domanda, e quella delle famiglie ha una valenza che travalica l’effetto moltiplicatore, perché sottende un atteggiamento di fiducia che si riversa positivamente sul comportamento delle imprese, innescando un circolo virtuoso sul fronte degli investimenti. Per gli investimenti in Umbria le stime Svimez ci parlano di una contrazione nel 2020 pari al 4,3 per cento, ben più contenuta di quella media nazionale e delle regioni del Centro Nord (oltre il 9 per cento). Anche questo elemento spiega la caduta del Pil umbro nell’anno dello shock pandemico un po’ meno marcata rispetto ad altre realtà territoriali.

Come noto, è sugli investimenti – componente della domanda a forte impatto macroeconomico sulla crescita ma soprattutto elemento fondante per la competitività dell’apparato produttivo – e sulla loro ripresa che si gioca gran parte del futuro del sistema umbro e di quello italiano in generale. Con il Piano di ripresa e resilienza nazionale gli investimenti diventano i protagonisti assoluti del prossimo quinquennio, per recuperare un lungo periodo di declino, colmare un gap allargatosi nel corso degli anni e per compiere quel salto di qualità resosi necessario ancor prima che scoppiasse la crisi pandemica. È sempre utile ricordare infatti che l’obiettivo di oggi non è tanto recuperare quanto si è perso nel 2020 in Pil, occupazione, redditi, poiché lo shock da Covid ha trovato un Paese e una regione sofferenti da tempo in quanto malati cronici di decrescita. Nel 2019 il Pil italiano era ancora circa 3,4 punti sotto il livello ante crisi finanziaria, e l’Umbria tre volte tanto. Ecco perché i prossimi anni sono cruciali: il passaggio attraverso nuovi paradigmi economici basati sulle potenzialità delle tecnologie digitali e concepiti nel rispetto della questione ambientale sarà ineludibile ma, certo, non facile. Enorme è l’entità delle risorse stanziate per attivare l’ingente mole di interventi pensati per la ripresa del Paese e l’effetto più immediato, secondo i noti meccanismi keynesiani, non potrà che essere positivo, per una iniziale spinta alla crescita. E, da questo punto di vista, i numeri della performance economica stimati per i prossimi anni potrebbero essere verosimilmente più alti. Altra cosa è invece l’esito finale delle misure scelte, ovvero gli effetti complessivi e duraturi sulla competitività del sistema Paese, che si potranno apprezzare solo a medio-lungo termine.

Ora, sopra ogni cosa, incombe la scure dei “tempi” e la preoccupazione prioritaria è riuscire a fare tutto o quanto meno il più possibile entro un quinquennio: la parte preponderante dei fondi previsti dal PNRR è finalizzata alla realizzazione di opere pubbliche, i cui tempi di realizzazione, in Italia e in Umbria, ad oggi sembrerebbero inconciliabili con quelli richiesti in questa fase storica. A questo riguardo l’intervento, su cui si sta lavorando, di un efficace snellimento delle procedure di realizzazione delle opere è evidentemente essenziale e potrebbe anche essere risolutivo per alleggerire l’incognita temporale. Naturalmente, rimane poi quella qualitativa, ovvero le caratteristiche intrinseche degli interventi stessi e della loro realizzazione che in questa occasione, paradossalmente, si pone in secondo piano.

Ragionamenti sulle incognite future, qui appena accennate, che hanno volutamente ignorato il potenziale intervento di una variabile esogena incontrollabile, nella fiducia che gli sforzi che sul fronte sanitario si stanno compiendo da un anno e mezzo a questa parte riescano alla fine a trasformare il Covid-19 e tutte le sue varianti in semplici figuranti che attraversano la scena senza lasciare segno.

Categoria: ,