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Elisabetta Tondini
Agenzia Umbria Ricerche

Ripresa del lavoro e disoccupazione latente

28 Mar 2022
Tempo di lettura: 7 minuti

Il mercato del lavoro, già a partire dal secondo semestre 2020, si è riattivato, tornando a esprimere manifestazioni fisiologiche dopo i fenomeni apparentemente contrastanti occorsi durante il lockdown (crollo dell’occupazione ma anche diminuzione della disoccupazione).

Il 2021 è stato per l’Umbria un anno di crescita degli occupati che, stabilizzatisi nel secondo semestre, a fine anno hanno toccato quota 356.600. In media, si sono contate 6 mila unità in più rispetto all’anno precedente, per un tasso di crescita (1,7%) superiore a quello italiano (0,8%) e a quelli del Nord (0,6%) e del Centro (0,4%), dopo un 2020 segnato – peraltro – da una più contenuta emorragia nella regione rispetto alle aree di riferimento.

Occupati e forze di lavoro in Umbria dal 2018 al 2021 (valori trimestrali in migliaia)

Fonte: nostre elaborazioni su dati ISTAT

Occupati, disoccupati, forze di lavoro potenziali in Umbria per genere – valori medi annui e variazioni
Fonte: nostre elaborazioni su dati ISTAT

Dinamica occupati, disoccupati, forze di lavoro potenziali, totali e per genere, in Italia, Nord, Centro (%)
Fonte: nostre elaborazioni su dati ISTAT

La ripresa del mercato del lavoro c’è dunque stata, in Umbria più che altrove, sospinta dalla risalita economica dell’anno che abbiamo lasciato alle spalle. L’ISTAT ci parla di un riassorbimento di occupati a livello nazionale per lo più a tempo determinato, e sarà così anche nel contesto umbro (come peraltro evidenziato dalla natura contrattuale delle assunzioni nette nella regione), quale frutto della comprensibile cautela degli operatori, recentemente riacutizzatasi per le preoccupazioni derivanti dalle conseguenze economiche della guerra in corso. Si profila comunque il rischio che la prevalenza di contratti a termine possa diventare, da originaria distorsione del mercato, a elemento strutturale che penalizza il lavoro sotto diversi punti di vista, primo tra tutti quello economico (la retribuzione oraria dei tempi determinati è inferiore del 29,7% rispetto ai tempi indeterminati, ISTAT).

Specularmente, già dal IV trimestre del 2020 sono continuate a calare in Umbria le persone in cerca di lavoro: a fine anno i disoccupati erano 22 mila, per una media annua di 25 mila unità, praticamente 6.400 in meno rispetto all’anno precedente: una diminuzione di oltre un quinto, in controtendenza rispetto all’aumento del 2,9% occorso in Italia, dello 0,9% nel Nord e del 5,6% nel Centro.

Questo dato diventa più significativo se affiancato alla contestuale diminuzione del numero di forze di lavoro potenziali (-7,6% su base annua), altrimenti definite “inattivi disponibili o attivi non disponibili a lavorare”: si tratta delle persone scoraggiate, che hanno interrotto la ricerca attiva di un lavoro o che momentaneamente sarebbero impossibilitate a lavorare. Ricordiamo infatti che nell’anno dello scoppio della pandemia, in corrispondenza del lockdown, il crollo degli occupati si era accompagnato a una forte contrazione delle persone in cerca di un impiego in concomitanza di una esplosione delle forze di lavoro potenziali. Si era insomma verificato un anomalo travaso di soggetti dallo stato di disoccupati a quello di inattivi, almeno in quella fase temporale: persone bloccate nella ricerca di un lavoro dalle misure sanitarie, da un atteggiamento attendista, di demotivazione, o perché impegnate soprattutto nel lavoro di cura familiare. Con la ripresa della domanda, le forze di lavoro potenziali sono tornate a diminuire (-2.400 unità in Umbria dal 2020 al 2021), ma siamo ancora lontani dai valori pre Covid, a causa dell’esplosione nel 2020 di quasi 6.600 unità in più rispetto all’anno precedente, non ancora riassorbite del tutto.

Disoccupati e forze di lavoro potenziali in Umbria dal 2018 al 2021 (valori trimestrali in migliaia)

Fonte: nostre elaborazioni su dati ISTAT

Tassi di occupazione e disoccupazione in Umbria, totali e per genere (% trimestrali dal 2018 al 2021)

Fonte: nostre elaborazioni su dati ISTAT

È plausibile immaginare che il mercato, soprattutto sul versante dell’offerta, sia ancora in fase di riassestamento, considerando che nel 2021 le forze di lavoro potenziali sono molto più numerose rispetto al 2019, in Umbria ma soprattutto al Nord e al Centro. Un fenomeno, questo, che non va sottovalutato, perché può nascondere una disoccupazione latente, considerando la presenza di persone che, pur disposte a lavorare, un impiego non risultano cercarlo attivamente. Non è un caso che proprio sul rapporto tra disoccupati e forze di lavoro potenziali l’ILO (2019) abbia individuato un indicatore atto a spiegare quanto gli sforzi compiuti per ricercare un lavoro e la propensione ad accettarlo influenzino il grado di “vicinanza” della domanda al mercato stesso: più basso è l’indicatore, maggiore è il numero di persone che incontrano problemi nella ricerca di lavoro o nell’accettare proposte di lavoro, dunque maggiore è la debolezza del livello di vicinanza della domanda al mercato.

Da questo punto di vista l’Italia si connota per valori molto più bassi rispetto alle vicine Spagna, Francia, Germania (0,9 nel periodo 2016-2020 a fronte, rispettivamente di 3,8, 2,9, 1,8). Inoltre, dal 2018 al 2021 il peggioramento di tale indicatore è generalizzato ma l’Umbria si mostra meno debole sotto questo profilo (il valore passa da 1,3 a 0,9), allineandosi al Centro ma un po’ al di sotto del Nord.

Rapporto tra disoccupati e forze di lavoro potenziali totali e per genere in Umbria, Italia, Nord, Centro
Fonte: nostre elaborazioni su dati ISTAT

Provando a fotografare l’Umbria al 2021 rispetto alla situazione pre pandemica (2019) attraverso gli aggregati più significativi, si osservano: 4 mila occupati in meno, 8 mila disoccupati in meno, oltre 4 mila potenziali forze di lavoro in più. Ciò, nonostante la contestuale perdita demografica di oltre 7 mila persone in età lavorativa (-1,3%, come Italia e Centro ma doppio rispetto al Nord), quale esito della trasformazione dovuta soprattutto al calo delle nascite che vede un progressivo svilimento delle coorti deputate a garantire con il proprio lavoro il sostegno all’intera collettività.

Naturalmente, l’aumento degli occupati da un lato e la diminuzione della popolazione in età lavorativa dall’altro hanno determinato un balzo in avanti del tasso di occupazione che, nell’ultimo trimestre del 2021, si è portato al 65,3% (un valore di poco inferiore al picco segnato nel quarto trimestre dell’anno pre pandemico). Un indicatore che, sempre superiore a quello nazionale (59,5%) e anche della media delle regioni del Centro Italia (63,9%), resta comunque al di sotto del 67,6% dell’area settentrionale del Paese.

Sempre stando ai dati dell’ultimo trimestre 2021, il tasso di disoccupazione dei 15-74 enni scende in Umbria al 5,8% (appena sopra il 5,7% del Nord e a fronte del 9% italiano e dell’8,4% del Centro), e quello di inattività al 30,5% (allineato a quello del Centro, superiore al 28,2% del Nord e inferiore al 34,5% italiano).

Sotto un’ottica di genere, contrariamente a quanto occorso a livello nazionale e nel centro-nord del Paese, in Umbria la risalita dell’occupazione nel 2021 ha coinvolto più gli uomini che le donne (+2,0% e +1,3% rispettivamente), anche perché la crisi occupazionale era stata nella regione segnatamente maschile (6 mila unità a fronte di 3.900 occupate in meno): nel 2020, le occupate in Umbria, pur a fronte di una perdita sul fronte del lavoro dipendente superiore a 4 mila unità, avevano infatti beneficiato di oltre 1.700 assunzioni nel pubblico impiego, in sanità ma soprattutto nella scuola (Donne e lavoro, una strada in salita).

Ad ogni modo, nel 2021, così come nel 2019, il lavoro in Umbria continua per il 55,2% a essere caratterizzato da uomini (57,8% in Italia, 55,9% al Centro-Nord).

Nel 2021, sul fronte maschile, vi sono circa 2.200 occupati in meno e 3.100 disoccupati in meno rispetto al 2019 e 590 forze di lavoro potenziali in più (nel 2020 erano aumentate di 3.300). Sul versante femminile, oltre a 1.800 occupate e a 5 mila disoccupate in meno rispetto al 2019, vi sono anche 3.600 di forze di lavoro potenziali in più.

Quest’ultimo fenomeno fa riflettere: contrariamente a quanto successo agli uomini ma anche alle donne di Italia, Nord, Centro, le forze di lavoro potenziali femminili in Umbria continuano a crescere anche nel 2021. Questo dato, unito a una più forte contrazione della disoccupazione femminile (-27,8%), lascia presumere un processo inerziale ancora in corso, ovvero un atteggiamento attendista nei confronti del lavoro per il mercato, probabilmente generato dalla necessità di assestamento dei ritmi familiari di cui soprattutto le donne hanno risentito oltreché da un perdurante scoraggiamento derivante dalla consapevolezza che ogni fuoriuscita dal mercato del lavoro espone le donne, più degli uomini, a una più difficile ricollocazione.

Infine, ma non per ultimo, il nesso tra una consistente porzione di forze di lavoro potenziali e una bassa quota di persone in cerca di occupazione può essere in parte l’effetto delle misure di sostegno ancora in atto che, stando ai dati, non sembrano essere ancora riuscite a dispiegare la loro funzione di politica attiva: stime INAPP ci dicono infatti che molto esiguo è stato il numero di opportunità lavorative proposte ai beneficiari del Reddito di Cittadinanza i quali, per il 29% dei casi sarebbero, appunto, inattivi. E, tenendo conto che ai percettori di questa misura è data facoltà di rifiutare un’offerta di lavoro qualora ritenuta non congrua (ad esempio perché non in linea con le competenze o con il titolo di studio posseduto o perché preveda una retribuzione troppo bassa), lo stato di inattività potrebbe essere destinato a perdurare. E questo varrebbe a prescindere dal genere.

Tuttavia è un fatto, per tornare al rapporto disoccupati/forze di lavoro potenziali, che la componente femminile presenta valori molto più bassi rispetto a quella maschile – come era logico aspettarsi – e, quella umbra in particolare, valori inferiori anche ai relativi livelli femminili di Nord e Centro (unica eccezione, l’anno 2020). Al contrario, la componente maschile umbra gode di una situazione di maggiore vicinanza della domanda al mercato rispetto non solo all’Italia ma anche alle altre aree di riferimento.

Dunque, il lavoro è finalmente ripartito, ma il riadattamento delle persone – come degli stessi operatori – a una nuova normalità sembra essere un processo più lento e più complicato, oltreché più complesso, e gli sviluppi delle vicende geopolitiche dell’oggi non stanno certo agevolando questo cammino.

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