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Severini
Teresa Severini
Consigliere Fondazione Lungarotti
Focus AUR
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Vino e arte, potenti attrattori – Una riflessione aperta …. L’esperienza Lungarotti

31 Mar 2022
Tempo di lettura: 4 minuti

Premessa

Mi è d’obbligo riprendere il concetto sulla qualità del vino italiano negli ultimi trent’anni. In realtà la grande “rivoluzione enologica” italiana è di molto antecedente. In cantina, spazzando via il falso mito del vino del contadino, risale agli anni ’70 e ’80; ad essa, negli anni ’90 è seguita quella in vigna, e poi di nuovo in cantina, sul filo della ricerca scientifica e della lungimiranza e buona prassi di moltissimi produttori. La coscienza dell’eco-sostenibilità si è affermata negli ultimi 10-20 anni, ma anche questa albergava in intuizioni ben precedenti. Sono invece recenti la percezione diffusa di un generalizzato miglioramento qualitativo e la maggiore conoscenza della bevanda vino, grazie ai sempre più seguiti corsi da sommelier, riviste specializzate, moda. Si beve meno di un tempo, ma si beve meglio. Ci sono cantine che hanno marcato questi passaggi in maniera importante, in competizione per anni con i cugini d’Oltralpe, e vini che da tempo nulla più hanno da invidiare a nomi altisonanti, frutto di biodiversità, di attenzione al terreno, di compatibilità. L’Umbria in particolare ha avuto difficoltà a percepire i cambiamenti, ma oggi vanta belle eccellenze. E’ stato senza alcun dubbio Giorgio Lungarotti ad  aver guidato questa “crociata” da Torgiano, con un vino, Rubesco, che compie oggi 60 anni: la prima DOC umbra, e, nella versione riserva, la prima DOCG, in una regione che, grazie a questo imprenditore illuminato e determinato, cui stava a cuore una nuova visibilità umbra nel panorama enologico nazionale, ne vanta due, Torgiano e Sagrantino di Montefalco (e a Montefalco è, dal 2000, la nostra seconda cantina). Hugh Johnson, uno dei massimi conoscitori di vini del mondo, scrisse di lui: “Giorgio Lungarotti ha disegnato l’Umbria nella mappa enologica mondiale”. Nel 2021, il nostro vino del cuore Rubesco Riserva Vigna Monticchio è risultato il primo rosso d’Italia pari-merito con Sassicaia. Se di arte si tratta…

A Giorgio Lungarotti e ad altri produttori si deve il concetto, allora antesignano e ancor più valido oggi, di vini ambasciatori dell’Italian Style, del saper vivere italiano, nelle cui bottiglie entrano tante componenti: coraggio, visione, professionalità, passione, rispetto della natura, ricerca, carattere, tipicità, tutela del paesaggio e dell’ambiente, cultura gastronomica, comunicazione, e spesso anche richiamo visivo all’arte in etichetta. Perciò, quando Giuseppe Coco parla di vino come opera d’arte, non sbaglia davvero. Natura e uomo ne sono gli artisti. Il vino è cultura, è conoscenza indispensabile non solo per giungere ad un prodotto d’eccellenza, ma per comprenderne le arti che ad esso si sono ispirate; magnifica fusione tra natura, uomo e arte, quando questa permette di giungere alla conoscenza della civiltà della vite e del vino, e quindi al rispetto.

Cultura del vino che muove curiosità e turismo

A Torgiano ne siamo stati antesignani. Vino, arte, cultura e turismo sono in quel connubio che offriamo agli enoturisti da 60 anni: paesaggio, persone, know-how, degustazione, abbinamento, esperienza da vivere a 360° che va – nel nostro concetto di accoglienza – dalla vigna, alla cantina, al Museo del Vino, alle strutture ricettive: story-telling ed arte. Una visita al MUVIT apre, attraverso il vino, le porte della conoscenza della storia dell’uomo e delle arti ad esso collegate. Il Museo, creato a sostegno dell’economia vitivinicola internazionale da Maria Grazia Marchetti, storica dell’arte e moglie di Giorgio Lungarotti, fu aperto al pubblico nel 1974 nella pars agricola del monumentale Palazzo Graziani-Baglioni, dimora estiva gentilizia del XVII secolo. Continuamente accresciuto, nel concetto di museo dinamico, e seguito, nel 2000, dal MOO Museo dell’Olivo e dell’Olio creato in continuità d’intenti, è un fortissimo attrattore turistico. MUVIT è unico nel suo genere (il New York Times qualche anno fa lo definì il migliore), quasi una serie di Musei nel Museo volti al dialogo tra vino, vite e arti decorative – costantemente presenti e raccolte in sezioni – che lo rende a tutti gli effetti un museo interdisciplinare e una mostra d’arte permanente.

Il percorso museale, sviluppato lungo 20 sale, propone oltre 3000 manufatti e ripercorre 5000 anni di storia dell’uomo: reperti archeologici dal III millennio a.C. alla tarda romanità (brocche cicladiche e vasi hittiti; ceramiche greche, etrusche e romane; vetri e bronzi), attrezzi e corredi tecnici per la viticoltura e la vinificazione, contenitori vinari in ceramica di età medievale, rinascimentale, barocca e contemporanea, incisioni e disegni dal XV al XX secolo, edizioni antiquarie ed altre testimonianze di arti decorative documentano l’importanza del vino nell’immaginario collettivo dei popoli che hanno abitato, nel corso dei millenni, il bacino del Mediterraneo e l’Europa continentale.

Le opere presenti nel MUVIT partecipano continuamente a mostre in Italia – hanno rappresentato la storia del vino italiano all’Expo di Milano – e all’Estero – da New York a Shanghai, Tokyo, Osaka, Kyoto, Mosca, Bordeaux.

È dei prossimi giorni l’apertura di un nuovo allestimento della sezione etrusca: restauro, ricollocazione e valorizzazione del corredo vinario esposto sono fulcro di un suggestivo progetto espositivo, a valorizzare le testimonianze di una civiltà che, insieme a quella romana, si ritiene abbia dato maggiore impulso alla viticoltura umbra, e, in sinergia con le realtà limitrofe, da Perugia a Orvieto, a potenziare l’attrattività turistica del territorio nel segno degli etruschi.

Le singole raccolte presenti al museo propongono a migliaia di visitatori il tema vitivinicolo e dionisiaco come filo conduttore per la lettura delle vicende storiche delle quali i singoli oggetti sono espressione. Molteplici gli aspetti iconografici e simbolici in ambito sacro e profano, da vino e amore, a vino e salute, a vino e teatro, vino e musica, vino e religione, a mito e leggenda.

Un percorso dedicato ai bambini prende forma sulle ali della mitologia.

Arte sotto molteplici accezioni, perciò, e attrattività che completa quella del vino, vigneti e cantina, a partire dal palazzo che ospita il museo, dal suo restauro, alle opere che si susseguono lungo il percorso museale, financo al concetto di contenitore di incontri, conferenze e mostre d’arte contemporanea che, ancor meglio che in cantina, qui vengono realizzate nel fascino infinito di un dialogo con l’antico.

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